Marco Bussone, 32 anni, giornalista piemontese, autore di numerosi articoli comparsi sulla rivista Dislivelli.eu, nel mese di luglio di quest’anno è stato eletto Presidente nazionale dell’Uncem, nel corso di un Congresso straordinario convocato dal Consiglio nazionale, in rappresentanza di 3.500 Comuni montani italiani e delle loro forme associative. Un’ottima notizia, che vede il neo Presidente alla guida dello strategico “sindacato” della montagna italiana, in un periodo di forte crisi istituzionale, ma anche in un momento in cui le istanze della montagna sembrano destare sempre maggior attenzione nell’opinione pubblica e nelle istituzioni. Abbiamo sentito l’amico Marco Bussone per farci raccontare i dettagli di questo nuovo e autorevole incarico che porterà avanti per i prossimi due anni, fino alla primavera del 2020.

Cosa vuol dire essere Presidente dell’Uncem Nazionale?
Vuol dire prima di tutto rappresentare i comuni e gli enti iscritti all’Associazione, quei 3500 comuni più tutte le altre forme aggregative. Ma allo stesso tempo dare voce alle istanze territoriali, attraverso l’ascolto di un sistema di forze civili che vanno dall’accademia alle associazioni, ai gruppi di cittadini in cerca di rappresentanza. Perché Uncem è anche un sindacato di territorio, e non solo di enti locali. Questo vuol dire raccogliere molteplici istanze, che talvolta possono essere anche confliggenti tra loro, perché non sempre l’istanza del cittadino corrisponde a quella dell’ente locale, e farsene portatore.
Siamo di fronte a una vera crisi delle istituzioni, un periodo di rivoluzione, a partire dall’Ue e venendo in giù. Le istituzioni si stanno riorganizzando e stanno riorganizzando il loro rapporto con i cittadini. In questa compagine Uncem deve rafforzarsi, e per rafforzarsi il punto vero è il capitale umano: se siamo capaci di stare in ascolto delle esigenze dei territori e delle istituzioni allora diventiamo una realtà autorevole, ascoltata e rispettata.

Cosa ha fatto e cosa fa l’Uncem in Italia?
Negli ultimi anni Uncem si è impegnata fortemente nel lavoro di supporto alla Strategia delle Aree interne, si è battuta per il rifinanziamento del Fondo nazionale della montagna, ha ispirato il Testo unico sull’Agricoltura nazionale che vede oggi una parte interessante dedicata alla montagna, ha concorso alla realizzazione della Legge 221 sulla Green economy che prevede tra l’altro il pagamento dei servizi ecosistemici, proprio partendo dall’esempio del Piemonte. Inoltre Uncem da cinque anni a questa parte, da quando la Legge Del Rio ha chiuso le comunità montane, sottolinea la necessità di riorganizzare il sistema istituzionale. E oggi la sensibilità su questo aspetto, grazie a una serie di soggetti come Dislivelli che lavorano su questi argomenti, ha creato maggior attenzione, e molti rappresentanti del Governo e del Parlamento sono convinti che urge un riordino istituzionale, dal momento che i territori hanno perso rappresentanza all’interno delle istituzioni.

Quali le sfide attuali e future di Uncem?
La prima e la più grande è quella della fiscalità, sulla quale oggi esistono punti di ragionamento avanzati nel Governo e Parlamento, tanto che Uncem chiederà con forza qualche apertura nella legge Finanziaria 2019. Questo è un tema gigantesco, in cui i margini sono pochi ma un segnale bisogna darlo. Poi c’è la partita dei fondi Ue: in questi giorni in Europa si sta discutendo della nuova programmazione, con un’Italia un po’ timida. Bisogna capire quante risorse ci saranno a disposizione dei territori: nella Pac, nel Psr nel Feasr e nel Fesr. Perché le uniche risorse future per i nostri territori, per gli investimenti, passano ormai da lì. Bisogna fare un grosso lavoro di lobbing a Bruxelles. E non dimentichiamoci il tema ormai storico, ma anche in questo caso con aperture negli ultimi tempi, relativo ai servizi sui territori. Anche in questo caso bisogna puntare a una nuova riorganizzazione, e il modello di Uncem è quello delle Aree interne, cioè non lottare per tornare indietro di vent’anni ma riorganizzare temi e modelli.
Infine la novità sono gli Stati generali della montagna che verranno lanciati dalla ministra agli Affari regionali e autonomie, con deleghe alla montagna, Erika Stefani, il 16 settembre a Roma. Uncem è stato individuato come interlocutore privilegiato, e ora bisogna fare che questa iniziativa possa avere degli effetti concreti per il paese.

Cosa sono gli Stati generali della montagna?
La ministra Erika Stefani guida un ministero che le dà poca visibilità, e attraverso l’istituzione degli Stati generali della montagna mira ad acquisirne un po’. Si tratta sostanzialmente di una serie di tavoli tematici, ai quali siederanno alcuni stakeholder nazionali sul tema montagna, e che si riuniranno periodicamente di qui a fine anno per realizzare delle proposte normative. La ministra in prospettiva vuole rendere questi tavoli permanenti, insediandoli presso il Ministero e rendendoli sostanzialmente istituzionali, dei tavoli di concertazione istituzionale legati alla montagna.

Qual è il sogno che il presidente Uncem vorrebbe vedere realizzarsi nel corso del mandato?
Sogno di ottenere una risposta efficace sul sistema fiscale. Riuscissimo a togliere le imposte in una determinata fascia di comuni, ad esempio al di sopra dei 1000 metri, dove esercizi commerciali con meno di 300 euro di imponibile possano essere esenti. Una flat tax vera, per aree montane, che potrebbe diventare un fattore grande di crescita. E poi, altro sogno, che alla fine del mio mandato nel 2020 possa finalmente esserci la banda ultra larga, progetto su cui ci abbiamo messo la faccia. Pensiamo sia un tema decisivo per imprese e cittadini in montagna. La fibra ottica è prevista e ci sono anche i soldi per farla.
Maurizio Dematteis

Info: www.uncem.it