Il lungo percorso dalla Resistenza alla nascita dell’Europa passò anche, e molto significativamente, tra le montagne del nostro arco alpino: in passato attraversate dai montanari verso la Francia per l’emigrazione stagionale, dagli ebrei in fuga dalle persecuzioni naziste, dai partigiani e oggi dai migranti.
In queste terre di confine si diceva “chi non emigra, non è gente” per mostrare la quotidianità degli spostamenti, il naturale migrare delle popolazioni, per le quali le frontiere non esistevano, se non come costrizioni politiche, e le montagne rappresentavano un luogo di incontro, di protezione, di contaminazione e scambio. Anche oggi, come ieri, le Alpi dovrebbero essere uno spazio aperto, libero e accogliente.
Con l’intento di far dialogare la memoria con le vicende di attualità, la grande storia con la piccola storia, la prima edizione del Festival Frontière organizzata dal 25 al 29 luglio 2018 dalla Fondazione Nuto Revelli e da Acti Teatri Indipendenti ha animato la borgata cuneese di Paraloup (1360 metri, Valle Stura) mettendo al centro la parola e il teatro di narrazione per raccontare le migrazioni di ieri e di oggi.
La Fondazione cuneese intitolata allo scrittore partigiano Nuto Revelli da anni lavora per far rivivere la borgata Paraloup, teatro prima della lotta partigiana con la banda Giustizia e Libertà composta da Duccio Galimberti, Dante Livio Bianco e lo stesso Nuto, poi dello spopolamento e oggi recuperata con un importante progetto architettonico.
La parola frontière, dalla doppia lettura italiana e francese, indica un confine tra due terre continue e il Festival è una delle attività del progetto transfrontaliero Interreg Alcotra Migraction finalizzato a valorizzare l’itinerario di emigrazione dei piemontesi in Francia, in partenariato con il Comune di Vinadio (capofila), la Ville de Barcelonnette, la Fondazione Filatoio Rosso e Acti Teatri Indipendenti.
Ad aprire il Festival a Cuneo la commemorazione del discorso di Duccio Galimberti affidata all’attivista anti caporalato Yvan Sagnet. Con il reading di alcune testimonianze dell’Anello Forte portate in scena dall’attrice Laura Curino è stato inaugurato il palco di Paraloup sul quale nelle serate successive si sono esibiti Saverio La Ruina, Beppe Rosso e Ivano Marescotti.
Anche le giornate sono state ricche di incontri e dialoghi: i walk about guidati da Carlo Infante, gli spettacoli-degustazione “L’albero delle acciughe” con Mariella Fabbris, la presentazione della ricerca “Gens de l’Ubaye, gens du Piémont” di Laura Fossati.
Si potrebbe pensare che “passata la festa, gabbato lo santo”, che una volta terminato il clamore dell’evento tutto ritorni come prima, invece il Festival Frontière si inserisce nel percorso Migraction… ed è diventato un piccolo motore di contaminazione per mettere al centro la capacità di pensare in maniera critica ai problemi e alle soluzioni della nostra attualità.
Nuto Revelli racconta nel Mondo dei vinti e nell’Anello forte il duro lavoro, lo sfruttamento dei bambini e la condizione della donna ma, come monito per le generazioni future, ci ricorda anche che “a volte basta il suono di una voce perché un muro crolli”, e con il Festival Frontière abbiamo fatto sentire la nostra voce cercando di abbattere quei muri che trasformano i confini in frontiere ostili.
Giulia Giordano e Giulia Serale (Fondazione Nuto Revelli)