Il terremoto che dalla notte del 24 agosto sta scuotendo il centro Italia, con il suo carico di lutti e devastazione, ha acceso i riflettori sulle piccole comunità che da secoli popolano questo angolo di Appennino. Aree interne già soggette ad abbandono, dove non sono pochi i comuni i cui abitanti fissi non sono che poche decine e che spesso sono quasi irraggiungibili con l’arrivo della neve. Accumoli, Amatrice, Arquata del Tronto, Castelsantangelo sul Nera, Ussita. Una toponomastica evocativa e allo stesso tempo fino a poche settimane fa sconosciuta ai più e che, nonostante la piena emergenza, rischia di sparire nuovamente dalle mappe dei media e della politica. Non bastano infatti il decreto emanato a settembre e la sua integrazione dopo le scosse di ottobre, che a onor del vero muovono risorse importanti per la ricostruzione. Da queste parti esistono infatti una serie di problemi strutturali, legati all’invecchiamento della popolazione, ai decenni di sbilanciamento verso i medi e grandi centri urbani, all’assenza di pianificazione per le economie montane. Problematiche che il sisma ha acuito e che rischiano di compromettere per sempre lo sviluppo dei territori interessati.
Il Cai di Amatrice, la cui sezione ha continuato ostinatamente a promuovere attività a poche settimane dalla prima grande scossa del 24 agosto, lo ha evidenziato in più di un’occasione: il primo pericolo è l’abbandono. Non offrire soluzioni abitative, seppure temporanee, non intervenire tempestivamente sulle tante piccole imprese connesse all’economia della montagna, imporre di fatto lo spostamento dei pochi giovani e giovanissimi che ancora frequentavano le scuole del cratere, sono scelte che rischiano di dare il colpo di grazia alle comunità coinvolte.
Questo problema è stato chiaro fin da subito ad una rete di cittadini e realtà sociali che da tutto il centro Italia ha iniziato a far convergere volontari, risorse e infrastrutture sulle aree colpite. Già nelle ore immediatamente successive la notte del 24 agosto, in maniera del tutto indipendente, si sono messe in moto le Brigate di Solidarietà Attiva, nate a l’Aquila nel 2009 e operative nelle numerose emergenze degli ultimi anni, e la rete Scossa Solidale, gruppo di attivisti dei centri sociali romani mossi dall’inclinazione alla cooperazione e al mutualismo, dall’amore per questo angolo di Appennino e spesso anche dal legame affettivo con un territorio dove molti cittadini della capitale hanno le loro origini. Da questa spinta, che ha catalizzato importanti risorse economiche e beni di prima necessità nei magazzini allestiti all’interno di centri sociali autogestiti, associazioni e comitati, è nato lo Spazio Solidale di San Cipriano, frazione di Amatrice a poche centinaia di metri dalla zona rossa.

Qui, dalla fine di agosto, quotidianamente si organizzano staffette che interessano l’intera conca amatriciana, raccogliendo esigenze, anche specifiche, dai generi alimentari ai libri, si effettua una continua mappatura delle frazioni e delle case sparse ed è aperto uno sportello informativo per orientare la cittadinanza nella complessa normativa della ricostruzione. La totale indipendenza dalle strutture di Protezione civile non è stata un limite, al contrario ha permesso a questa realtà di proseguire la sua attività anche dopo la smobilitazione della macchina governativa e lo spostamento di risorse e personale verso le Marche e l’Umbria. Lo Spazio Solidale è rimasto una delle poche certezze, soprattutto dopo che lo sciame di fine ottobre ha reso inagibili anche le ultime strutture di pubblica utilità rimaste aperte. A San Cipriano sono state organizzate cene insieme alla collettività, incontri, riunioni dei comitati nati per sostenere la ricostruzione, iniziative e laboratori per bambini. L’obiettivo dichiarato è far sì che passato l’inverno la conca amatriciana non si trovi più isolata e abbandonata di prima del terremoto.
Giovanni Pietrangeli

Info:
www.facebook.com/ScossaSolidale/?fref=ts
www.caiamatrice.it
http://terremotocentroitalia.info
www.comitato336.it