Da figlia di insegnanti di una città di medie dimensioni come Brescia, non è stato difficile sentir loro nominare più volte Mauro Bortoletto, anch’egli ex insegnante e soprattutto preside di chiara fama di vari istituti superiori bresciani, che, come scopro anni dopo sul suo blog e sui social, una volta giunto alla pensione ha deciso di andare a stare in montagna. E, come alcuni suoi concittadini tra cui la sottoscritta, tra le località montane ha scelto la Val Sabbia, di collegamento col bel Trentino ma ad un tempo vicina alla città. È a lui che dedico questa puntata della rubrica “Nuovi montanari” perché esemplare tra chi, anche se non più giovane, ha coraggio e creatività sufficienti per rinnovarsi e cogliere il pensionamento come nuova opportunità di cambiamento. Nato a Conegliano Veneto nel 1948, vissuto con la famiglia in Sud Tirolo dai 5 ai 13 anni per seguire il lavoro del padre, trasferitosi infine a Brescia, fino a 38 anni Mauro insegna materie letterarie prevalentemente nei licei per poi vincere il concorso di preside, tentato quasi per gioco, che svolge in vari istituti superiori della città. Dal 2004 al 2010 è distaccato in Germania, dove dirige l’ufficio scolastico del Consolato di Stoccarda; il più grande al mondo, con quasi 100 insegnanti, corsi di italiano in 450 scuole tedesche e quasi 10.000 studenti. Padre di tre figli ormai grandi e da anni non più sposato, dopo la pensione decide di regalarsi un primo, meritato assaggio di libertà organizzando un giro del mondo in autonomia, che spera sia soltanto l’inizio di una serie, svoltosi in 140 giorni di beata solitudine e appagamento emozionale e culturale. Il profumo di libertà respirato in questo lungo viaggio spesso a contatto con scenari naturalistici di unica bellezza non poteva riportare ai grigiori della vita cittadina, incasellata in ritmi e schemi precostituiti. Non è un caso, dunque, che la vita in montagna sia diventata il passo successivo e necessario per questo “libero pensatore non conformista”, come Mauro si auto-definisce.
“Ho impiegato due anni a trovare la soluzione attuale, nella media Val Sabbia: Arvenino, frazione di origine romana, anzi etrusca, di Provaglio. 17 abitanti, 720 metri di altezza. Ci sono state d’altra parte alcune deviazioni lungo il percorso: case che stavo per comperare a Zone, sopra il lago d’Iseo, e a Breno, in Val Camonica, entrambe saltate all’ultimo momento. Cercavo una casa con una sua storia e abbastanza grande da potere ospitare i miei figli con le loro famiglie. Nel frattempo sono diventato nonno e ogni due anni la vita mi ha regalato un nipotino. Ora è in arrivo la quarta”, racconta. “Ed eccomi qui, in questo vecchio cascinone di tre piani che era stato suddiviso in quattro proprietà diverse, di cui sto ristrutturando la parte centrale che era sull’orlo del crollo. Nel frattempo, vivo in una parte della casa un poco modernizzata negli anni Settanta. Sono impegnato a salvare i suoi aspetti tradizionali. Nella parte che si è dovuta abbattere c’era il forno comunitario del pane: l’anno scorso l’ho personalmente demolito a mano, mattone per mattone, per poi ricostruirlo con la struttura e i materiali originali sulla base delle foto scattate. Così per le vecchie porte e la rustica facciata, che spero di riuscire a mantenere nonostante la pressione degli addetti ai lavori a demolire il tutto e a rifarlo nuovo”. Ad Arvenino, Mauro coltiva i suoi hobby: la scrittura (tra cui la cura del blog corpus15.wordpress.com, giunto ad oltre dieci anni di vita), la fotografia, l’esplorazione del territorio, l’orto e la cura del terreno per anni abbandonato e di conseguenza rinselvatichito. “Ogni tanto mi piace ospitare qualche amico: un giapponese di Tokyo conosciuto a Hiroshima o gli italiani Matteo e fidanzata, incontrati in ostello a Tahiti. Ho ripreso anche ad andar per funghi, passione abbandonata per trent’anni a seguito del disastro di Cernobyl, e dall’anno prossimo penso di iniziare ad allevare piccoli animali. Mi aiutano mio figlio e sua moglie: hanno un orto tutto per sé e sono loro che fanno la legna. Abbiamo alberi da frutto come mele, prugne, nespole e ciliegie. La scoperta di quest’anno è un corniolo che ha ricominciato a fare frutti dopo essere stato liberato dall’edera. L’anno scorso abbiamo vendemmiato e vinificato per 60 litri. Produciamo anche sidro e succo d’uva, raccogliamo le noci – quelle che scampano al tasso! – e le castagne”. Quello che Mauro racconta è l’esempio di ciò che apprezza: “La natura è viva e quindi abbastanza imprevedibile, le piace sorprenderti e ti sfida”, dice. “Uscire di casa e trovarsi tra i colori dell’autunno, respirare l’aria pura e frizzantina… E poi la fatica fisica che ti viene chiesta in modo così ovvio. Ormai sono in un’età in cui non è tanto facile cambiare. Ma qui sono di sicuro molto più sereno e rilassato, stato fisico e mentale a cui avrà contribuito anche il pensionamento”.
A Mauro la città non manca, forse perché tutto sommato vicina e raggiungibile ogniqualvolta lo si desideri. E, una volta laggiù, è istintivo il desiderio di ritornare tra i monti. Grazie ai mezzi telematici l’aggiornamento culturale non è più precluso. A Vestone, capoluogo dell’alta e media Val Sabbia, hanno riaperto il cinema e c’è anche una piccola stagione teatrale con una buona programmazione.
Al termine delle mie interviste ai “nuovi montanari”, chiedo sempre qual è, secondo loro, il futuro della montagna e quali sono gli auspici per una nuova interpretazione della vita di quassù: “Potrà sembrare ridicolo o forse presuntuoso”, dice Mauro, “ma la spinta maggiore a lasciare la città è stata per me una riflessione sull’effetto serra. Un’intervista non è la sede migliore per parlarne perché sono considerazioni che richiederebbero tempo e spazio maggiori. Butto soltanto lì che secondo me la vera risposta al riscaldamento globale sta nell’autoproduzione di ciò che si consuma. E lascio intuire il passaggio. L’indipendenza alimentare ed energetica almeno parziali sono nello stesso tempo l’eredità del passato e la prospettiva per il futuro”. Chi ha orecchie ma soprattutto intuizione per intendere…
Buona Natura, Mauro.
Michela Capra