Luigi D’Alpaos, “Un giorno, ospite inatteso, arrivò l’alluvione. Ricordi di un ingegnere su una battaglia perduta 1966-2016”, Fondazione G. Angelini, Belluno, Padova 2016, 295 pagine.

L’autore, professore emerito di idraulica all’Università di Padova, nel novembre 1966 era studente universitario e si trovava per qualche giorno nella natia Tignes, piccolo paese dell’Alpago, quando assistette con sgomento allo spettacolo di versanti e di case che scivolavano “in blocco assieme al terreno, deformandosi poi fin all’inverosimile , quasi contorcendosi prima di arrendersi e cedere definitivamente, crollando”. Era l’origine montana dell’alluvione disastrosa che, dopo aver spazzato le vallate bellunesi e carniche (impressionante la serie di fotografie che ce la mostrano), si era riversata nei fiumi della pianura veneta e friulana, allagandone vasti tratti, fin a far crescere di quasi due metri le acque della laguna a Venezia.
Da allora l’autore maturò la coscienza di quanto sia importante conoscere a fondo le cause di questi disastri, il proposito di dedicarvisi e l’insofferenza per quanti affrontano con superficialità le cause e i rimedi di questi problemi. Da una vita dedicata a risolverli seriamente, nasce appunto questo libro che è “un ricordo di avvenimenti vissuti” negli ultimi cinquant’anni. Una storia che per una volta non scrivono i vincitori, ma, come dice anche il sottotitolo, “un vinto che crede di aver comunque combattuto una buona battaglia e sta cercando di lasciare a qualcuno il testimone”, dopo il “comportamento dissennato tenuto negli anni passati da chi ha governato, pensando molto a se stesso, un po’ meno alla comunità”.
Dopo aver narrato questo antefatto, il libro traccia, con una ricca documentazione fotografica, un bilancio della grande alluvione del 1966, attraverso l’esame dei diversi bacini fluviali. Illustra il lavoro (dimenticato) della successiva Commissione De Marchi e gli interventi nella pianura, dal Piave al Tagliamento, giudicati insufficienti. Poi il discorso si focalizza sulle politiche e le tecniche di intervento contro il rischio idraulico della pianura, attraverso la creazione di invasi per la laminazione delle piene. Le ragioni di questi sono ampiamente argomentate contro le richieste dei comitati no-serbatoi e con un’analisi dell’ultima grande piena del 2010. Seguono capitoli conclusivi su politica e alluvioni, su quanto si sta muovendo negli ultimi anni e sul tema della montagna abbandonata, che mostra bene la connessione (non sufficientemente compresa né affrontata praticamente) tra i problemi del monte e quelli della piana.
Chi dice che gli ingegneri non hanno un’anima si dovrà finalmente ricredere dopo aver letto questo libro.
Beppe Dematteis