Marzia Verona, Storie di Pascolo vagante, Editori Laterza 2016, pp. 112, 14 euro
«Non so quando ho varcato il fosso che mi separava da “quelli che ci erano nati”. Forse quando per la prima volta, un pastore mi chiese di andare davanti a chiamare le pecore».
Spiega così il suo ingresso nel mondo della pastorizia Marzia Verona, autrice del libro “Storie di pascolo vagante” (Edizioni Laterza 2016), che a partire dai primi anni del XXI secolo è rimasta affascinata dal lavoro di quei pastori di pecore e capre perennemente transumanti, quelli che non hanno una sede fissa ma si muovono di continuo, tutto l’anno, per permettere ai loro animali di riempirsi la pancia. E con costanza e dedizione, dopo parecchi anni, oggi è diventata una di loro.
Era il 2003 e Marzia, neo laureata in Scienze forestali e naturali presso l’Università di Torino, si aggirava per le montagne alla ricerca di strutture d’alpeggio per un censimento commissionato dalla Regione Piemonte, quando si imbatte in un pastore transumante. Ne rimane talmente colpita, che torna a trovarlo più volte, fino a quando decide, poco alla volta, che la sua vita deve diventare quella cosa lì. Comincia a frequentare il “loro” mondo, e in particolare quello dei “vaganti”, una realtà poco conosciuta quanto impermeabile ai “non addetti” ai lavori, fino ad arrivare ad essere accettata dalla comunità come “una di loro”, e a condurre lei stessa per anni, insieme ad un compagno, un gregge “vagante”.
L’autrice racconta di come gli anni passati con i pastori non siano stati un periodo facile della sua vita: tra momenti di crisi, dubbi, incertezze. Ma su tutto prevale il ricordo della bellezza e dello stupore. Tanto che anche oggi, che Marzia ha dovuto abbandonare suo malgrado il gregge transumante, e lavora spesso seduta alla scrivania, continua a frequentare quel mondo sentendosi ancora a proprio agio.
“Il pascolo vagante mi ha cambiata” spiega l’autrice. Dopo un’esperienza così forte, racconta nel suo libro il modo di agire e pensare di una persona che non può più essere quella di prima: si impara a vivere in un altro modo, ad approcciarsi allo scorrere del tempo in maniera differente, a fare più attenzione al rapporto con l’ambiente circostante e ad affrontare la quotidianità senza farsi prendere dall’ansia.
Questo libro è pensato non solo per chi già conosce il pascolo vagante – spiega l’autrice nel prologo – ma soprattutto «per chi si lascerà incuriosire, proprio come accadde a me in quel giorno di luglio del 2003. Cercate di seguirmi: entrate, a piccoli passi, in questo mondo. Forse, cambierà anche voi».
Maurizio Dematteis