A occhi chiusi, quando ripenso alle mie ciaspolate, rivedo il bianco della neve, ripercorro sentieri nascosti nel bosco o in alta montagna, rivivo la sensazione di avventura e di libertà provata. D’inverno i giorni più fortunati sono quelli a occhi aperti, i piedi nelle ciaspole. La fatica e la sfida di procedere in neve fresca, sulla pelle il sole intenso oppure il freddo e il vento gelido, e sempre avventura e libertà.
I colori della montagna d’inverno sono bellissimi, a volte quasi eccessivi nella loro intensità: il bianco accecante, il grande blu del cielo nelle belle giornate, il grigio glaciale di quelle fredde, il velo lattiginoso della nebbia che avvolge tutto. E poi gli animali. Le ciaspole, se la neve è fresca e hai il vento contro, ti fanno procedere in un silenzio ovattato. Così, con un po’ di fortuna, procedendo solitari o in due, ci possiamo trovare a tu per tu con gli animali, tranquilli nel loro ambiente e noi curiosi intrusi. Come la volpe o la lepre che a volte appaiono e spariscono in un attimo davanti ai tuoi occhi. Oppure i caprioli e i camosci; le marmotte che al primo disgelo segnano con buche nere i pendii innevati. Nella mente è ancora viva quella volta che, attraversando il bosco fuori da ogni percorso, mi sono trovato improvvisamente di fronte un branco di cervi, sorpresi tutti, loro ed io, per l’incontro.
Ho avuto la fortuna di andare spesso per ciaspole in questi quindici anni: (ri)scoprire sentieri nei boschi o tra le borgate, salire verso i rifugi o anche più in alto. Camminare con le ciaspole è un’attività sportiva alla portata anche dei non esperti, ma richiede di confrontarsi con la montagna. E la montagna, sia a bassa sia in alta quota, è sempre un’amica pericolosa, soprattutto d’inverno. Luoghi e passaggi che d’estate sono facili possono nascondere trappole e insidie; prati e declivi che sembrano accessibili sono in realtà infidi e possono far vivere discese ad alto rischio. Per questo sono grato ai rifugisti e a chi talvolta incontro, per i consigli e le indicazioni sulle zone da attraversare, e anche alle guide alpine, dalle quali ho imparato un poco l’uso (obbligatorio se si è almeno due) dell’Arva e che mi hanno spiegato segnali da cogliere e potenziali pericoli. Grazie alle ciaspole ho sperimentato in molti modi il confronto con l’amica pericolosa. E ho appreso anche a non chiedere troppo e talvolta a rinunciare, piuttosto che tentare le forze o la fortuna. E, con le ciaspole ancora ai piedi, arrivare alla fine, voltarmi indietro e guardando le nostre tracce che escono dal bosco o che scendono dall’alto respirare dentro e sulla pelle sempre la stessa sensazione di avventura e di libertà.

* Vive a Torino, ma è valsusino doc. Lavora da anni nel settore editoria e comunicazione, da sempre appassionato di montagna e di cinema, e ora anche di cucina.