Le recenti notizie relative alla chiusura del Passo del Brennero, da parte austriaca, stanno avendo una risonanza del tutto particolare legata alla crisi di un modello di Europa assai fragile e vulnerabile ma, soprattutto, al significato simbolico che questo valico riveste all’interno dello spazio europeo. La crisi profonda dell’Occidente è sotto gli occhi di tutti. L’avanzata degli irrazionalismi, di nuovi oscurantismi, di manifestazioni aberranti di barbarie generate da paure di accerchiamento, rendono percepibile a tutti l’affermarsi inarrestabile di una cultura della crisi che si può sintetizzare nella voglia di autodistruzione della nostra civiltà. Sono scenari anticipati profeticamente da statisti e intellettuali in anni non sospetti. Nel riflettere sul significato ambivalente del Brennero, occorre tener conto del suo ruolo strategico a partire dalla fine dell’Impero Romano.

In età augustea il passaggio principale fra il sud e il nord delle Alpi era soprattutto il Passo Resia con destinazione finale la città di Augusta. Il protagonismo del Brennero inizia a definirsi con maggior chiarezza durante le prime invasioni barbariche. Ma, soprattutto dopo la caduta dell’Impero romano, sarà la porta di accesso delle popolazioni bavare che si insedieranno nell’attuale Sudtirol fino alla Chiusa di Salorno, linea di confine fra Ducato di Baviera e Ducato Longobardo. La nascita del Sacro Romano Impero accentuerà sempre più l’immagine del nostro Passo associandolo alla via maestra percorsa dagli Imperatori che si recavano a Roma dal Papa per ricevere l’investitura. Come tutti i Passi delle Alpi, il Brennero era una semplice soglia di scavalco di una cerniera naturale idrografica senza alcuna rilevanza politico-amministrativa. La nascita del Tirolo storico (XIII secolo) a seguito della concessione di “diritti di avvocazia” (funzioni amministrative e di difesa militare) da parte dei Principi Vescovi di Trento e Bressanone ai Conti “di” Tirolo (villaggio) – con Mainardo II diventati Conti “del” Tirolo (regione) – rafforzò il ruolo di “Stato di Passo” della Contea tirolese, territorio esteso fra gli opposti versanti della catena alpina. Fino alle soglie dell’età moderna (XVII-XVIII), i confini amministrativi sulle Alpi erano definiti dalle chiuse di valle. Le valli dei versanti opposti portavano lo stesso nome come, nel nostro caso, la Wipptal fra Sterzing/Vipiteno e Innsbruck o la Pusteria fra la chiusa di Muhlbach/Rio Pusteria e quella di Lienz, o la Venosta fra la chiusa di Töll/Tel e la chiusa di Finsterműnz, sempre a scavalco dello spartiacque principale. Se allarghiamo lo spazio di valle a quello regionale, i confini che delimitavano i tre ambiti territoriali del Principato tridentino, di quello brissinese e della Contea del Tirolo erano compresi fra la Chiusa di Avio e quella di Kufstein. Fino alla prima Guerra mondiale il Brennero non era che una semplice espressione geografica divisoria delle sole “acque pendenti”. Dopo quella data, il “confine naturale” diventa “frontiera politica” e l’idea di uno steccato divisorio si farà strada nel ventennio successivo con la progettazione del cosiddetto “Vallo alpino” voluto dal Fascismo. La linea displuviale delle Alpi diventerà barriera invalicabile. L’avvicinamento alla linea di cresta a scopi alpinistici sarà consentito soltanto ai soci del CAI (ribattezzato “Centro Alpinistico Italiano”). Flussi di ebrei e di italiani antifascisti incominceranno a seguire clandestinamente percorsi alternativi poco sorvegliati, giovandosi soprattutto dell’aiuto dei valligiani. Questo fenomeno, di grande rilevanza umanitaria, interesserà le Alpi occidentali e centrali quali corridoi di accesso alla Francia e alla Svizzera. In quegli anni il Brennero univa invece due Paesi alleati, l’Italia e la Germania unita all’Austria dall’Anschluss (1938). La nuova “Grande Germania”, frattanto, aveva assegnato al Brennero un significato simbolico inquietante a causa delle tradotte ferroviarie che vi transitavano dirette ai campi di concentramento nazisti. Con tragica ironia si può affermare che il Brennero fosse, per motivi politici, il passo più aperto delle Alpi!!! L’incontro fra Mussolini e Hitler (18 Marzo 1940) alla stazione ferroviaria del Brennero perfezionò gli ultimi accordi in vista dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania. Da quel momento quel valico assumerà una sempre più inquietante connotazione simbolica. Da qui passeranno i militari diretti in Russia e in Polonia o provenienti dai due Paesi dopo la ritirata, essendo il Brennero il principale passaggio da e per il nord e l’est europei. Per questo suo passato drammatico, iniziato alla fine della prima guerra mondiale, la costruzione della nuova Europa senza frontiere era destinata ad agire come antidoto nei confronti dei nazionalismi guerrafondai. L’evento più significativo sul piano simbolico, questa volta in chiave liberatoria, sarà infatti la cerimonia di rimozione della sbarra di confine sul passo in applicazione del Trattato di Schengen. Una festa che avrebbe dovuto cambiare la vita della comunità tirolese e di un’Europa che si pensava segnata da un destino luminoso. Nessuno avrebbe mai immaginato che si potesse tornare indietro innalzando nuove barriere e che il Brennero dovesse ancora caricarsi di simbologie disumane.
Annibale Salsa