Nella puntata precedente di “Nuovi montanari”, dedicata all’esperienza di orti e campi biodiversi a Teglio, in media Valtellina, vi avevo congedato con la promessa di tornare a raccontarvi di chi, più giovane dei pionieri Patrizio e Greta dell’Azienda agricola biologica Raethia Biodiversità Alpine, ne ha ammirato l’intraprendenza, condiviso ideali, appreso le pratiche, dando così continuità al progetto di recupero e riproduzione di sementi orticole e cerealicole rustiche locali, apportandovi nuova linfa e ampliandone la partecipazione. Sono i ragazzi del gruppo informale Orto Tellinum, che con entusiasmo e impegno portano avanti la valorizzazione della biodiversità locale secondo i princìpi dell’agricoltura sostenibile. Jonatan Fendoni, classe 1984, è uno di loro, originario della frazione San Giacomo.
Jonni, come lo chiamano gli amici, si racconta davanti a un sole splendente tra i campi coltivati a cereale sul versante retico della valle: “Ho studiato a Milano Scienze naturali, ma ben presto ho avvertito il paradosso di cercar di approfondire in una metropoli la conoscenza e il contatto con la natura. L’esperienza a Milano mi ha comunque arricchito per conoscere nuove realtà e idee, che poi ho portato con me nel ritorno alla mia terra natìa”. Jonni ora vive tra la sua Teglio e Como, che utilizza come punto di partenza per il lavoro part-time in un’azienda vitivinicola del Canton Ticino. Un buon compromesso, finalizzato a trascorrere più tempo possibile in valle per recuperare terreni, perlopiù terrazzati, un tempo adibiti a vigneto e, a seguito dell’abbandono, negli anni ricopertisi di vegetazione spontanea. “Ho sempre aiutato il nonno in vigna da quando avevo quindic’anni”, dice. “Il nonno se n’è andato, e da lì, sette anni fa, ho ripreso in mano i vitigni. Mi sono messo a sperimentare e osservare, per arrivare a sistemi di potatura e gestione della vigna dal minimo impatto ambientale e dal relativo impiego di tempo”.
I vigneti terrazzati gestiti da Jonni si trovano principalmente sul versante retico, esposto al sole, sebbene anche sul versante orobico vi siano dei conoidi alluvionali un tempo coltivati a vite; zone marginali caratterizzate da varietà ormai in abbandono. La Chiavennasca (dial. Ciauenàsca), appartenente al ceppo genetico del Nebbiolo, è la più diffusa assieme ad altri vitigni minori, varietà uniche dalle storie antiche, tramandate per generazioni, che Jonni recupera pazientemente liberandole dai rovi e dagli sterpi, ringiovanendole con potature non troppo moleste e tenendole in vita senza interventi invasivi. Il risultato è un vino naturale, ricco di aromi e zuccheri, dal sapore genuino. “Di famiglia ho pochissime vigne, circa un decimo di quelle che lavoro. Ogni famiglia, qui nella media valle, possedeva qualche pertica di terreno adibita a vite (una pertica valtellinese corrisponde a circa 688 mq.). Ma gli anziani muoiono, i giovani si disinteressano, i terreni vanno in preda all’incuria e al degrado. Sotto c’è un enorme patrimonio di lavori, fatiche, saperi e usanze che, se si riesce a intervenire prima che la natura se le riprenda del tutto, si cerca di salvare e perpetuare. Un tempo erano tutti viticoltori per hobby, perché la maggior parte del tempo era occupata ad accudire il bestiame. Ora abbiamo la fortuna di poter sperimentare apportando conoscenze maggiori per migliorare la qualità del vino e intervenire il meno possibile contro peronospora e oidio”. Jonni è spesso aiutato da alcuni amici, che prestano manodopera nel tempo libero nella messa a terra dei pali di castagno, nella legatura con lacci di salice, nel recupero di fili di ferro arrugginiti.
Assieme al recupero delle vigne autoctone, porta avanti la riproduzione di sementi rustiche che Patrizio Mazzucchelli, il protagonista della puntata precedente, ha riscoperto tra gli anziani contadini locali e coltiva ormai da un paio di decenni. Il grano saraceno di Teglio, denominato Nustràn, ne rappresenta il fiore all’occhiello, mietuto a mano col falcetto e messo a essiccare sul campo. Una sfida contro la globalizzazione del gusto e delle tecniche di lavorazione, soprattutto in virtù del fatto che la quasi totalità del Saraceno trasformato in Valtellina è di fatto coltivata nei paesi dell’Est europeo. Jonni e gli amici di Orto Tellinum devono quindi valutare attentamente i tempi e i luoghi di semina affinché il Nustràn non si ibridi con le sementi estere andando così a perdere un patrimonio genetico frutto di secolari selezioni. Alla raccolta del Saraceno, se il terreno lo consente, segue la semina autunnale della Segale Antica di Valtellina, con cui fare dell’ottimo pane. Tra le patate, spiccano le Blu di Valtellina. In collaborazione con la Fondazione svizzera Pro Specie Rara, si coltivano anche Orzo distico del Vallese, uno dei pochi orzi antichi di montagna rimasti, e il Frumento Fiorina Biosuisse, un grano tenero tipico delle Alpi e originario della vicina Val Poschiavo.
La fatica del lavoro è ampiamente ripagata dalle ore trascorse ad osservare il “paesaggio dell’abbandono” e dal piacere nel riportarlo in vita, dalla compagnia degli amici nei campi, nelle vigne, nella cantina ereditata dai nonni, dalla condivisione attorno a un tavolo di cibi autoprodotti cui il vino naturale fa da ideale accompagnamento, e dal baratto con altri cibi che non ci si riesce a produrre. Per seguire i lavori che si avvicendano a ritmo delle stagioni, vi invito a seguire il blog di Jonni, che, non a caso, si intitola “Camminare Controvento”. Il blog, accompagnato da fotografie, ha catalizzato l’attenzione di molti che, anche grazie al suo esempio e al suo entusiasmo, si sono avvicinati ai temi e alle pratiche dell’agricoltura sostenibile. Che il vento ti sia propizio, Jonni. E buon raccolto!
Michela Capra
Info: Jonatan Fendoni 3452588284
https://camminarecontrovento.wordpress.com/
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