La notizia è stata pubblicata lo scorso mese di gennaio dal quotidiano La Stampa ed è rimbalzata su tutti i principali siti internet di montagna e alpinismo: la cordata, composta da William Mathews, Frederik Jacomb, Jean-Baptiste e Michel Croz, che ha raggiunto la vetta del Monviso il 30 agosto 1861 potrebbe non essere la prima. I ricercatori Olivier Joseph e Paul Billon-Grand (storici di Vallouise), Eugenio Garoglio (collaboratore dell’Università di Torino e del Centro studi e ricerche storiche sull’architettura militare del Piemonte) e il cartografo Alexandre Nicolas, hanno trovato i disegni originali della Carta della frontiera delle Alpi del Delfinato, realizzata tra il 1749 e il 1754 dall’ingegnere militare francese Pierre-Joseph Bourcet, da cui si evince che tra il 1750 e il 1751 sarebbe stato posto in vetta al Viso un palo da utilizzare per i calcoli trigonometrici dei rilevamenti topografici. La scoperta necessita di ulteriori conferme, ma potrebbe modificare un capitolo importante della storia alpinistica internazionale.

Per commentare tali rivelazioni, abbiamo chiesto il parere di Pietro Crivellaro, illustre storico dell’alpinismo che ha effettuato importanti ricerche sul ruolo dei topografi militari nella conquista delle più importanti vette alpine.
«Si tratta di un’ipotesi affascinante e plausibile – esordisce Crivellaro che ha accolto la notizia con interesse –; però una prima salita del Monviso a metà del ’700 mi sembra poco probabile se confrontiamo una tale impresa con quelle portate a termine dai più importanti cartografi alpini nelle epoche successive».

Perché plausibile?
«La topografia francese è stata all’avanguardia sin dalla fine del ’600, sotto i regni di Luigi XIV e Luigi XV, quando il lavoro dei cartografi Cassini condusse alla misurazione del Meridiano di Parigi grazie, anche, a una serie di rilievi effettuati in Lapponia e in Perù. È assai plausibile che i topografi francesi potessero essere attratti dalla possibilità di installare sulla cima del Monviso un segnale per le misurazioni trigonometriche. E sappiamo anche di un precedente curioso che riguarda lo stesso Mathews il quale, l’anno prima di conquistare il Viso, affermò di aver toccato per primo la vetta della Grande Sassière (3751 m) dichiarando però di avervi trovato un palo con tanto di basamento, eretto probabilmente da militari e montanari del posto nel 1808. È vero, quindi, che spesso le prime ascensioni non sono state compiute dagli alpinisti, bensì dai cartografi militari».

Cosa non le torna, allora?
«La storia della cartografia e la storia dell’alpinismo ci dicono che portare a termine una tale impresa nel 1750 sarebbe stato difficilissimo se non impossibile. Mi spiego meglio: il grande sviluppo della cartografia alpina è avvenuto proprio in Piemonte, ma è successivo di almeno 50 anni. Il primo vero tentativo al Monviso di cui siamo a conoscenza fu effettuato, per l’appunto, dal geometra Domenico Ansaldi, un cartografo che arrivò a 200 metri dalla vetta il 24 agosto del 1834. Per avere un’idea di come venivano condotte queste spedizioni, abbiamo una straordinaria testimonianza scritta dal conte Luigi Francesetti di Mezzenile che descrive i lavori di installazione del segnale trigonometrico sulla vetta del Rocciamelone nel 1821. Si parla di squadre di operai e muratori che lavorarono per 15 giorni in condizioni ambientali e climatiche ostili a oltre 3500 metri di quota. È possibile immaginare, 70 anni prima, una tale impresa su una cima più alta e più difficile da raggiungere come il Monviso? Per di più, i lavoratori impegnati sul Rocciamelone avevano un punto d’appoggio nella cappella della Ca’ d’Asti dove era possibile trascorrere le notti e rifugiarsi in caso di maltempo».

Quindi anche da un punto di vista alpinistico sarebbe difficile dimostrare una salita del Monviso a metà ’700?
«Intanto la via più facile alla vetta si svolge interamente in territorio italiano. Possiamo immaginare che, oltre un secolo prima, una spedizione di cartografi dell’esercito francese partisse da Casteldelfino, nel Regno di Sardegna, l’anno dopo la batosta militare subita al Colle dell’Assietta? Altrimenti, alpinisticamente parlando, erano dei fenomeni poiché passarono dal versante francese, che però presenta difficoltà alpinistiche ben superiori alla via aperta nel 1861».

Che idea si è fatto di tutta questa vicenda?
«Mi piacerebbe vedere i documenti citati da questi ricercatori poiché resto convinto della validità della loro ipotesi. Ma mi permetto di avanzare una contro ipotesi. Il segnale citato in queste carte non potrebbe essere un rilievo naturale utilizzato per i calcoli trigonometrici? Una situazione analoga si riscontra a proposito della Punta Gnifetti il cui nome originario Signalkuppe (cioè cupola del segnale) fu attribuito nel 1822 dal topografo dell’esercito austriaco Ludwig Von Welden il quale, dalla vetta della Ludwigshohe, vi individuò uno sperone roccioso da utilizzare come riferimento per le triangolazioni. Ecco, forse nel 1750 fu identificato un segnale naturale in cima al Monviso, senza necessariamente salire in vetta».
Simone Bobbio