L’11 dicembre si celebra, come ogni anno, la Giornata internazionale della montagna, istituita nel 2003 dall’Assemblea generale dell’Onu con l’obiettivo di far crescere la consapevolezza che dalla cura e dallo sviluppo sostenibile delle regioni montane dipende la salute ecologica del pianeta e il benessere di miliardi di persone. Sembra un’esagerazione, visto che le montagne occupano solo una piccola parte (il 12%) della superficie terrestre, in gran parte disabitata (pensate alla Groenlandia). Più che di un’esagerazione si tratta di uno dei tanti paradossi della montagna. Ne ricordo qualcuno. Le vette che ci sembrano così alte da farne la dimora degli dei, si elevano pochissimo sopra la superficie del pianeta: lo 0,0007% del diametro terrestre, ma queste rugosità, apparentemente insignificanti, hanno avuto ed hanno tuttora conseguenze climatiche, culturali, economiche, politiche e militari di enorme importanza per gli esseri umani. Altro paradosso: le montagne che sono il simbolo della solidità e della fissità, derivano dallo scontro delle zolle continentali e dalla lotta incessante tra sollevamento ed erosione, che fa di esse e dei loro dintorni l’ambiente terrestre in maggior squilibrio sia tettonico (terremoti), sia idrogeologico (frane, valanghe, alluvioni). E ancora: esse rappresentano solo un 40% delle terre emerse, ma i loro corsi d’acqua riforniscono il 70% della popolazione mondiale: per esempio in Asia il rifornimento idrico di 3,2 miliardi di persone dipende dai fiumi provenienti dell’Himalaya e dalle montagne del Tibet; in Europa circa 90 milioni di persone dipendono dall’acqua proveniente dalle Alpi. Dalle montagne provengono quasi tutti i fiumi navigabili del mondo. Le montagne sono poco abitate, ma nel loro intorno immediato troviamo, come nel caso delle Alpi, alcune delle più grandi concentrazioni demografiche e urbane. E così via.
Sulla dipendenza dell’umanità dalle montagne si può continuare, parlando delle riserve d’acqua dolce dei ghiacciai, della produzione idroelettrica, dell’assorbimento dell’anidride carbonica da parte delle foreste e del legname che forniscono, di molti minerali e di prodotti agricoli come il caffè che provengono in gran parte dalle terre alte. Infine è esclusivo delle montagne il turismo legato allo sci da discesa, che nel caso delle Alpi è da quasi un secolo il principale motore dello sviluppo economico, demografico ed edilizio di intere vallate.
In questa rapida panoramica ho tenuto per ultimo il tema della fruizione turistica, pur sapendo che per la maggior parte di noi, abitanti di paesi ricchi, esso occupa il primo posto, se non addirittura l’intero immaginario montano e di conseguenza la maggior parte dello spazio che i media generalisti dedicano alle montagne. Non so fin a che punto i miei pazienti (e certamente avvertiti) lettori si rendono conto che l’interesse ricreativo, per noi preminente, è una frazione assai modesta, anche se importante, del significato e dei problemi che la montagna presenta a scala planetaria. Il fatto è che le grandi problematiche della montagna – come la sua maggior vulnerabilità al cambiamento climatico, il loro contributo alla crisi energetica e ambientale, la fame e l’emigrazione presenti tuttora nei paesi meno sviluppati ecc. – sono per noi cose piuttosto astratte, mentre concreta è la scelta dell’itinerario e del rifugio per il prossimo fine settimana, così come la sensazione di benessere che proviamo al ritorno dalle nostre escursioni .
La giornata della montagna è una buona occasione per collegare questo nostro piccolo “concreto” con il grande “astratto” che essa ci ricorda, invitandoci a vederlo come qualcosa che ci riguarda da vicino. Pensiamo ad esempio che la montagna che tanto ci piace è il risultato di un lavoro e di una cura secolare dei suoi abitanti, senza i quali essa è destinata all’abbandono e al degrado. Quindi quando la pratichiamo, proviamo a chiederci come renderla vivibile: con quali azioni di tutela, quali servizi, quali abitanti, quale occupazione, quali tecnologie appropriate e associamoci per fare pressione sui pubblici poteri affinché si facciano carico di questi problemi. Quando vediamo gli amati ghiacciai ridursi di anno in anno e le vie di roccia divenire rischiose per il disgelo del permafrost, chiediamoci che contributo diamo – come individui e come comunità locali – alla riduzione dei gas di serra. Insomma proviamo a tradurre le astratte verità globali in cose e in azioni molto concrete.
Giuseppe Dematteis