Marco Tomatis, Il sapore dell’ultima neve. Aprile 1915: nulla sarà più come prima, 139 pp., Notes edizioni 2015, 8,50 euro
Marco Tomatis, classe 1948, vive da sempre a Mondovì dove ha insegnato alle scuole elementari, medie e superiori per quarant’anni. Lasciata la carriera scolastica nel 2006, si è dedicato, da pensionato, a una delle sue più grandi passioni: la scrittura. Da insegnante non poteva che dedicarsi alla letteratura Young Adult, destinata ai giovani lettori nella fascia pre-adolescenziale e adolescenziale. E da appassionato di montagna, camminatore di sentieri e boschi del monregalese e conoscitore della storia e della cultura delle Terre Alte, non poteva che ambientare i suoi lavori tra prati e valli di alta quota.
Uniti e amalgamati gli elementi, si ottiene “Il sapore dell’ultima neve. Aprile 1915: nulla sarà più come prima”, edito nel 2014 da Notes Edizioni: un romanzo di formazione, arricchito da una trama gialla, ambientato in un borgo di montagna non definito ma che potrebbe trovarsi ovunque nelle Alpi Occidentali e Centrali.
Guido, tredici anni, è il protagonista. Figlio di un militare che intende iniziarlo alle armi, Guido è insofferente all’autorità paterna e al collegio in cui la famiglia lo costringe a studiare, tanto da portarsi addosso la sensazione di essere limitato da muri di vetro che soffocano il suo respiro, la sua personalità e i suoi effettivi progetti di vita, ben lontani dalla carriera militare: «i muri di vetro lo circondavano sempre più stretti, sempre più soffocanti. I muri di vetro, la tragedia dell’ultimo anno della sua vita, una sensazione terribile. Aveva ogni giorno di più la sensazione di più di vivere come chiuso tra pareti trasparenti. Le persone, suo padre specialmente, lo vedevano, gli parlavano ma sembrava proprio che non lo sentissero quando cercava di spiegare le sue ragioni, il disagio, la disperazione e assistevano stranite al suo dibattersi e alle sue difficoltà, che probabilmente ai loro occhi apparivano senza un senso».
Quando tenta di scappare dal collegio verrà espulso dall’istituto e mandato in montagna, a casa della zia, per studiare e tentare di recuperare l’anno. Per Guido, Castello è collocato ai confini del mondo: «tutte le strade finivano improvvisamente, come per magia, e per andare oltre esistevano unicamente sentieri tortuosi su cui potevano transitare solo pedoni e bestiame». È in montagna, «ai confini del mondo», in un posto «triste, incassato tra i ripidi e alti versanti di una valle, e sconcertante per la sua diversità dalla città in cui era abituato a vivere», che Guido riuscirà ad abbattere i muri di vetro che lo imprigionano nella vita di un altro, facendo un importante passo in avanti verso la vita adulta.
La montagna, che lo stereotipo vuole ripiegata su se stessa e sulla propria tradizione, in maniera limitata e limitante, diventa nel lavoro di Tomatis simbolo di libertà ed espressione. In montagna Guido imparerà ad affrontare se stesso e il proprio destino, liberandosi del senso di soffocamento generato dall’autorità e dalla mancanza di comprensione che gli adulti dimostrano nei suoi confronti. Nelle pagine de “Il sapore dell’ultima neve”, la montagna diventa luogo di formazione. Con prove diverse – l’arrivo in una piccola frazione che ha modi e condizioni di vita lontane da quelle cittadine, la scoperta della cultura e della piccola comunità, la fuga solitaria verso il borgo di Chiusetta e il sapore (quasi letale) dell’ultima neve che lo coglie alla sprovvista in alta quota –, l’esperienza in montagna innescherà in Guido intense emozioni, nuovi sentimenti e ambiziosi progetti. La montagna di Tomatis è anche storia, fotografata nella primavera del 1915, a poche settimane dall’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, tra l’entusiasmo e gli interrogativi degli abitanti di Castello. E poi la montagna del degrado ambientale e dello sfacelo del territorio: l’illusione di un traforo che attraversa la valle e che dovrebbe portare agli abitanti di Castello lavoro e ricchezza, precipita rovinosamente in tragedia e serve a Tomatis per affrontare alcune tematiche ambientali contemporanee, tra dighe, Tav e impianti poco attenti agli equilibri ambientali (e culturali) delle Terre Alte. Nel lavoro di Tomatis trionfa la volontà di anteporre il guadagno e l’interesse di pochi alla salvaguardia del territorio: al centro, le lacrime degli abitanti di Castello per le case abbattute dalla forza della montagna violata, il fango e i detriti che soli invadono il paese al termine dell’alluvione.
Daria Rabbia