Alcuni anni fa mi trovavo all’interno di un accogliente hotel presso Hittisau, nel Bregenzerwald, parte occidentale dell’Austria. Al piano interrato, di fianco a locali per il fitness, una cantina dove vengono stagionati i formaggi. Formaggi che rientrano in quasi tutti i piatti del menu e che naturalmente possono essere acquistati direttamente dagli ospiti. Chi lo desidera può acquistare – a caro prezzo – come gadget un piccolo formaggio locale contenuto in una scatola di legno di abete bianco (locale anch’esso e realizzata in zona). Siamo nel mezzo della Kasestrasse, la strada del formaggio, un progetto avviato alla fine degli anni’90.
Kasestrasse è un consorzio di contadini, malghe e caseifici, albergatori, ristoratori, artigiani e commercianti. Tutti i membri e i partner della Strada del formaggio danno il loro contributo a conservare il particolare paesaggio del Bregenzerwald e a sviluppare e migliorare costantemente i prodotti locali. Il formaggio è diventato il simbolo della zona. Tutto ruota attorno ad esso. E, senza dirlo agli amici austriaci, a mio parere si tratta di prodotti di discreto livello, ma nulla più, probabilmente non a latte crudo. Però una buona organizzazione e un buon marketing possono fare miracoli.
Tempo fa mi trovo di ritorno da un’escursione in montagna, in una vallata del cuneese. Sui bordi della strada un banchetto di quello che pensavo fosse un produttore locale (si rivelerà poi essere un commerciante della vicina pianura che approfitta della presenza di escursionisti domenicali per vendere normali formaggi prodotti in qualche normale caseificio di pianura) attorniato da uno sciame di mosche e qualche turista in cerca del prodotto locale. Mi dicono che in zona ci siano alcuni piccoli allevatori che producono dell’ottimo formaggio, ma occorre andare a casa loro, spesso hanno esaurito il prodotto o non hanno tempo di stagionarlo (più facile e sbrigativo venderlo fresco a qualche commerciante che ti impone il prezzo). Se si ha la fortuna di trovarlo, possibilmente stagionato, ne vale davvero la pena. E costa anche poco! Troppo poco, secondo me, rispetto al lavoro che c’è dietro che meriterebbe miglior remunerazione.
Non è tutto così per fortuna. Anzi, di piccoli produttori caseari che hanno saputo migliorarsi e farsi apprezzare ce ne sono molti nelle nostre vallate. Spesso si tratta di giovani o di persone che si sono reinsediate ed hanno rilanciato un’attività, quella casearia, che ha fatto la storia della montagna, ma che è stata troppo marginalizzata. Costretti a combattere con burocrazia – di tipo fiscale e sanitario – ma anche a muoversi ognuno per proprio conto. Una cronica carenza infrastrutturale dovuta anche a scelte poco lungimiranti caratterizza la maggior parte delle aziende e degli alpeggi di montagna. La maggior parte degli interventi sugli alpeggi di proprietà pubblica riguarda opere di viabilità: sono stati effettuati investimenti e progetti in strade per collegare alpeggi che hanno fatto il loro tempo anziché intervenire in maniera mirata sugli alpeggi dalle prospettive migliori ammodernandoli. In molti alpeggi non si munge più e si preferisce mettere a produzione la filiera vacca-vitello. Solo colpa dei costi del personale? Non solo. Anche le politiche agricole (premi per le vacche nutrici e quote latte) hanno inciso. Vedremo cosa succede ora con la fine delle quote latte e con la possibilità di produrre formaggi (ma non DOP) con latte in polvere. Non credo derivino da li i pericoli maggiori per le aziende di montagna. Oggi se si dispone di un buon prodotto DOP, di una buona rete di commercializzazione, si ha poco da temere dalla concorrenza industriale. Il rischio sta piuttosto nel tessuto produttivo troppo frammentato e debole, incapace di costituire un sistema territoriale, ma che si limita al più a singole eccellenze che stentano a mettersi in rete.
Se fossi un amministratore, un’iniziativa utile che sosterrei fortemente sarebbe quella di organizzare un viaggio di due o tre giorni in Vorarlberg, nella Kasestrasse, portando i migliori allevatori, casari e commercianti della mia zona. Ma se fossi un amministratore austriaco farei la stessa cosa: un viaggio nelle vallate piemontesi per uno scambio/confronto con i migliori operatori nostrani del settore. Tutti avrebbero qualcosa da imparare.
Francesco Pastorelli