Luca Serenthà, “Silenzi in montagna”, Mimesis/accademia del Silenzio 2015. 60 pagine, 4,90 euro

Viviamo in una società urbanocentrica che sempre più cerca di riempire qualsiasi vuoto. Ci provoca disagio lo spazio inutilizzato, il tempo passato senza produrre. Ci prende immediatamente un sentimento di horror vacui cui non riusciamo quasi più a sottrarci. E questa spinta continua a cercare di “turare tutti i buchi” della nostra esistenza e ci conduce a quell’atteggiamento tipico del cittadino che Georg Simmel definiva “blasé”: una sovrastimolazione sensoriale che provoca la perdita dell’essenza e del significato delle cose. E allora tutto diventa opaco e si acquisisce l’insensibilità ad ogni distinzione. Persino il silenzio molto spesso viene percepito con senso di disagio. La radio, la tv o lo smartphone accompagnano ormai la giornata di tantissime persone, senza lasciare spazio ai silenzi. Il silenzio che precede una domanda all’interno di un colloquio, le pause di meditazione, quello che ci permette di ascoltare e capire un certo ambiente. Praticamente non siamo più capaci di “ascoltare il silenzio”. Luca Serenthà, all’interno di un denso libretto, si chiede se non sia proprio dalla montagna che tutti noi possiamo ripartire per recuperare il silenzio. E cerca di fornire la risposta a questo interrogativo attraverso un dialogo tra due personaggi, un montanaro che di silenzio se ne intende, e un amico cittadino intenzionato a capire e a imparare. In silenzio.
Maurizio Dematteis