Alzando lo sguardo da piazza Cavour, lo si può scorgere: il Castel Masegra domina da secoli la città di Sondrio, anzi ne ha accompagnato la storia. Costruito nel 1084 sul colle che, fin dai tempi antichissimi, ha ospitato i primi insediamenti umani della zona, dopo essere stato distrutto viene riedificato nel XV secolo. Nel corso degli anni ha attraversato molteplici proprietà e destinazioni d’uso sia militari che residenziali. Limitandoci alla storia più recente, quando la provincia di Sondrio entrò a far parte dell’Italia, il castello divenne proprietà del demanio che lo destinò ad uso militare, prima come caserma e poi, nel secondo dopoguerra, come sede del Distretto. Infine, dopo altre vicissitudini, il comune di Sondrio entra in possesso del Masegra, con il vincolo però di farne un uso e di riaprirlo: è a questo punto della lunga vita del castello che nasce un sogno prima ancora che un progetto. Questo sogno che si sta concretizzando, ce lo siamo fatti raccontare da Jacopo Merizzi, conosciuta guida alpina di Sondrio e, come egli stesso si è definito, “capo branco” di un piccolo gruppo che ha cercato di portare avanti un’idea.

«A questo punto in seconda o terza battuta entro io, – racconta Merizzi – perché si voleva fare una quadreria dell’800 sulla montagna… una quadreria! Può avere anche i più bei quadri del mondo, che vengo una volta a vederla e poi non vengo più: rischia di rimanere un luogo morto! Si è pensato ad un museo della montagna, ma di musei c’è n’è piena l’aria: più che un museo si voleva creare un luogo aperto, in cui tutto è vivo e in continuo cambiamento»
Il primo passo è stato di proporre di fare di un’area del castello la sede del Collegio regionale delle Guide alpine: il comune di Sondrio ha accolto l’idea con entusiasmo, nel giro di tre mesi i locali sono stati messi a disposizione e lo scorso 26 gennaio è avvenuta l’inaugurazione.
Sebbene l’avere collocato la sede delle guide in questa struttura significhi averla rianimata con una costante presenza di gente che va e che viene, perché diventi una vera e propria “Casa della montagna” vissuta 12 mesi l’anno, ovviamente non può bastare.
È stato pensato quindi di dedicare uno spazio non ad un museo generico sulla montagna, ma ad un progetto con un taglio specifico sull’arrampicata. Anche in questo caso il comune ha dato subito il suo appoggio: è stato presentato il progetto, con delle proposte di allestimento dell’architetto Leo Guerra, e reso pubblico proprio in occasione dell’inaugurazione della nuova sede delle guide.

Si è ancora in fase di idee, ma le premesse sono buone. Ad esempio Merizzi ci ha confidato che, essendo piaciuto molto il progetto anche agli eredi Bonatti, c’è la speranza che parte dell’archivio arrivi a Sondrio per poter dedicare a Walter, che è anche stato grande arrampicatore, uno spazio. «Il tutto però – ci tiene a ribadire Merizzi – in costante divenire: non ci dovrà mai essere nulla di fisso. L’approccio sarà quindi sempre quello di mostre con un tema specifico».
Ovviamente non mancano anche le difficoltà, come ad esempio i vincoli posti dalla Soprintendenza, «perché – spiega Merizzi – loro vedono un castello più come luogo di conservazione: “ma come, in un castello medievale parlare di arrampicata?!”. Gli ostacoli che si possono creare non ce li si immagina neanche: dalle telecamere che ci vogliono, ma non si possono mettere, alle porte che sono troppo strette, ma non si possono allargare. Se però ci si crede e si riesce a coinvolgere tutti gli attori si superano anche queste cose.»
Per fortuna c’è chi crede fortemente, come la guida valtellinese e le persone che stanno collaborando con lui, che la montagna non ha bisogno di essere museificata, ma vissuta. Bella l’immagine che ci ha consegnato Merizzi di un luogo dove dei giovani (gli arrampicatori del passato non sono stati altro che ragazzi che hanno amato la montagna) raccontano l’arrampicata ai giovani d’oggi, i quali potranno salire al Masegra semplicemente perché è un posto bello dove incontrarsi. Un luogo dove si potrà fare due chiacchiere, inventare progetti, bere una birra, conoscere la storia dell’arrampicata e di quei luoghi mitici che l’hanno accolta.
Crediamo che questo sia uno di quei progetti che potrà anche mettere in moto un circolo virtuoso dal punto di vista economico, perché investe su un’idea di montagna viva e sulla capacità di valorizzare un territorio: in altre parole investe sulla capacità di avere futuro. Come ha detto molto puntualmente Jacopo Merizzi, «la scommessa non è avere a disposizione degli spazi, ma riuscire a riempirli e a renderli vivi».
Chiunque ami la montagna non può che augurarsi che questa scommessa venga vinta.
Luca Serenthà