In montagna esistono oggi due modelli di turismo, complementari e non concorrenziali: uno intensivo, che risponde perlopiù al mercato dello sci e alle sue derivazioni, in gran parte slegato dal territorio in cui opera, che possiamo definire “industriale”. L’altro sweet, fatto di piccole realtà ricettive e operatori profondamente inseriti nel tessuto del territorio, che offre proposte culturali, naturalistiche e sportive, che potremmo definire “artigianale”. Il primo fino ad oggi l’ha fatta da padrone, relegando il secondo al ruolo di cenerentola. Ma oggi le cose sono cambiate, e la cenerentola sweet comincia a macinare numeri interessanti, con la prospettiva, se adeguatamente accompagnata, di potersi sviluppare in maniera diffusa nelle valli alpine. Mentre il modello intensivo è in forte sofferenza, bisognoso di iniezioni di denaro e senza prospettive sicure; eppure il finanziamento pubblico ha occhi solo per lui.
Nella redazione di Dislivelli ci siamo chiesti: come fare a evidenziare questo passaggio storico? Con due operazioni: un’inchiesta regione per regione per capire quanto ci costa il sostegno al modello industriale attraverso il finanziamento pubblico. E chiedendo ai massimi esperti della materia di ipotizzare l’impiego di un 10% del finanziamento pubblico per sviluppare il modello sweet.
Eccovi di seguito i risultati: buona lettura!

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