La clamorosa decisone di Giuseppe Miotti di dimettersi dall’Associazione delle Guide Alpine Italiane in polemica con l’accondiscendenza verso la pratica dell’eliski da parte di questa e con l’attribuzione del patrocinio ad una manifestazione di free ride da parte del Collegio delle Guide Regionali Lombarde, ci dà lo spunto per tornare a richiamare l’attenzione sul problema dell’utilizzo ludico degli elicotteri in montagna. Se ne è parlato sui blog e sulle riviste di settore, Miotti ha ricevuto molti attestati di solidarietà, ma anche molte critiche da parte sia di colleghi, che di quanti vorrebbero continuare a fare della montagna italiana – perché questo è un fenomeno diffuso soprattutto nelle Alpi italiane – la valvola di sfogo di una minoranza di frequentatori dei quali la montagna può tranquillamente fare a meno.

Non esiste altra attività “sportiva” che vada a beneficio di così pochi e rechi invece disturbo a molti. Per il trasporto in alta quota di poche persone, intere valli sono costretta a subire per molte ore il rumore di un elicottero. Per la fauna selvatica, specie nel periodo invernale, il rumore dell’elicottero può essere fatale. Infatti, l’apparizione dell’elicottero – spesso improvvisa – provoca la fuga precipitosa degli animali che, in preda al panico, percorrono grandi distanze con un elevato dispendio di energia.
A far riflettere sui pericoli che l’eliski comporta in termini di sicurezza sono stati anche i recenti incidenti capitati in Valle d’Aosta.
Il rischio di causare distacchi di valanghe – e di rimanerne vittima – per chi è salito in cima ad una montagna a bordo di un elicottero è ben maggiore di quello cui va incontro chi sale con le pelli o le ciaspole e può rendersi conto delle condizioni di innevamento dei pendii.
Anche se il ritorno economico è minimo sia per i comuni che per gli operatori locali, se le società elicotteriste spesso vengono da fuori regione, così come spesso accade per le guide alpine che accompagnano i facoltosi clienti, sono sempre più le località che si mettono a disposizione. In Piemonte dopo l’Alta Valle Susa, l’area del Monte Rosa e la Val Formazza, da qualche anno sono iniziate le scorribande degli elicotteri anche in Valle Stura e nella zona di Limone; da quest’anno c’è la possibilità di praticare l’eliski anche nell’area del Monviso con base a Chianale. In Lombardia il comune di Chiesa Valmalenco ha appena deciso di aprirsi alla “modernità” concedendo il proprio territorio alla pratica dell’eliski.
Sappiamo che sono poche le guide alpine che praticano tale attività, molte stanno finalmente uscendo allo scoperto e ne denunciando l’insensatezza oltre che il rischio di compromettere un’opportunità legata ad altre forme silenziose di fruizione della montagna. Molti amministratori non hanno la lungimiranza necessaria e svendono il loro territorio per pochi euro. Si tratta di un approccio culturale sbagliato? Certo, anche di quello. C’è un mercato, una richiesta, qualcuno si presta ad esaudirla. Ma c’è soprattutto un problema tutto italiano di assenza di normative o di normative che si prestano a essere facilmente aggirate. Tant’è che da altri paesi alpini dove la pratica o è vietata o è rigorosamente disciplinata, guide, clienti e operatori vengono a far eliski nel nostro paese. Si è provato più volte a chiedere una drastica limitazione dell’utilizzo degli elicotteri a bassa quota a livello nazionale senza mai riuscirci. Al momento opportuno è sempre saltato fuori qualche parlamentare amico della piccola ma potente lobby degli elicotteristi a bloccare il tutto. A livello regionale, restando al Piemonte, non solo non c’è alcuna norma che vieti l’eliski, ma se non fosse stato per la crisi della precedente giunta regionale ora probabilmente ci troveremmo con una legge regionale che attribuirebbe addirittura ai sindaci (della serie “padroni a casa nostra”) la competenza di individuare i siti di decollo e atterraggio sui territori dei loro comuni. Le cose stanno andando sempre peggio: nelle Province Autonome il divieto viene aggirato; diventa persino difficile far rispettare quelle poche disposizioni che vietano i sorvoli su aree protette, tanto che il sito delle guide di Alagna arriva a pubblicizzare l’atterraggio all’interno del Parco Naturale Alta Val Sesia.
Per queste ragioni urge che la vicenda venga ripresa a livello nazionale. Cipra Italia, anche a nome delle associazioni aderenti, è tornata a sollecitare il Parlamento affinché venga seriamente disciplinato il sorvolo con velivoli a motore in zone di montagna.
Francesco Pastorelli