Una legge sui sentieri? No, una legge no. Così risposero a muso duro gli iscritti alla Società alpinisti tridentini quando un parlamentare concittadino propose di legiferare sulla sentieristica stabilendo “per legge” dove e come dipingere un segnavia su un sasso o su un tronco. Perché “Dove che se vede”, è in realtà la regola dei soci (sempre meno) abituati a girare per i boschi con pennelli e barattoli di vernici, gelosi del loro sapere nel campo della segnaletica che non può certo essere imposto dall’alto.
Ma un po’ di ordine va fatto in materia di conservazione di questo inestimabile patrimonio a disposizione del turismo di qualità. Anche per questo motivo gli Stati generali della sentieristica si sono riuniti, discutendo a lungo e fruttuosamente, in occasione del Festival delle Alpi, il 21 giugno a Gromo, incantevole paese della bergamasca che si è meritato la Bandiera arancione del Touring club nel 2008, oltre a essere incluso nell’elenco dei “Borghi più belli d’Italia”.
Fra i relatori del convegno “I sentieri delle Alpi (vanno) verso il futuro”, è stato il trentino Tarcisio Deflorian a imporsi all’attenzione nel riferire sull’impegno della Società alpinisti tridentini che in questo campo vanta l’impagabile esperienza accumulata nella gestione dei suoi 984 sentieri, tutti regolarmente accatastati.
Oggi la novità, lo si è appreso dalle parole di Deflorian, è un più diretto coinvolgimento dei giovani. Le commissioni Sat di Alpinismo giovanile e Sentieri hanno infatti iniziato a organizzare un “campo sentieri” della durata di quattro giorni con lo scopo di promuovere, fra i ragazzi, l’interesse e la cura per i sentieri stessi. Un’iniziativa senza precedenti, rivelatasi preziosa dal momento che sembra in atto una crisi di vocazioni tra gli addetti alle “penel company”.
Si sa del resto che, senza manutenzione collettiva e collettivo impiego, i sentieri spariscono. Come i canali marini che vanno costantemente drenati. Robert Mac Farlane ricorda (Le antiche vie, Einaudi, 2013) che nel Suffolk, all’imbocco di certi sentieri molto battuti, venivano lasciati, appesi a un palo o a una scala, dei falcetti. Chi s’incamminava ne prendeva uno per sfrondare i rami che cominciavano a ostruire il passaggio. Il falcetto veniva poi posato alla fine della tratta, a disposizione di chi doveva avviarsi nella direzione opposta.
Un’idea, quella del falcetto, ancora oggi tutt’altro che da buttare. «Il sentiero è un bene comune, rappresenta l’anello di congiunzione tra uomo e natura in montagna. E’ anche un bene culturale di rilevanza storica che aveva la funzione di collegare le comunità umane insediate nelle terre alte, prima dell’uso ricreativo di oggi. Sta a noi mantenere questo patrimonio e curarlo nel migliore dei modi». Questo ha detto Annibale Salsa, past president del Cai e responsabile scientifico del Festival delle Alpi, introducendo i lavori a Gromo.
L’opinione di Salsa, assolutamente condivisibile, è che ai nostri tempi stia ritornando d’attualità il concetto di “beni comuni”. «Un concetto», precisa Salsa, «che rimanda ad epoche della storia (Medioevo) in cui i beni collettivi avevano grande rilevanza sociale. Acqua, aria, biodiversità si stanno rivelando oggi beni altamente strategici, soprattutto dopo l’orgia consumistica degli anni del secondo dopoguerra. I fuochi fatui dell’usa e getta, alimentati dalla perdita di rispetto per beni materiali ritenuti illimitati – ma che tali non sono – giustifica l’urgenza di pervenire a una nuova cultura della vivibilità. E tra questi “beni comuni” possiamo inserire anche i sentieri di montagna».
Promuovere la montagna attraverso la sentieristica è stato uno dei leit motiv del simposio di Gromo. In questa prospettiva è emersa, nel corso del convegno, la collaborazione del Cai ligure con la Regione Liguria per la valorizzazione delle reti sentieristiche dei Parchi della regione; si è assistito alla presentazione del nuovo sito gtapiemonte.it e, ciliegina sul budino, a un’affascinante analisi del progetto di valorizzazione del Gran Tour del Monviso – Buco di Viso (a cura della Regione Piemonte).
Ma gli italiani sono un popolo di camminatori? Chi va abitualmente per sentieri sa che non è vero. O non lo è ancora del tutto. Le lingue ufficiali del popolo dei camminatori sui nostri sentieri sono per lo più il tedesco, l’inglese, il francese. Per non sbagliare, su molti sentieri alpini ci si saluta con un grüssgott, diventato ormai universale, o meglio con un grüezi, considerata la vicinanza con la Svizzera. Ma mai dire mai. I tempi sono maturi per una presa di coscienza da parte degli italiani più sportiveggianti, compresi i diversamente giovani rappresentati al convegno di Gromo da Dino Marcandalli e Marcello Sellari, autorevoli rappresentanti dell’escursionismo “senior” del Cai che hanno fatto il punto sul moderno camminare, sempre più legato all’assistenza “digitale” fornita dai satelliti.
Andare per sentieri dovrebbe rappresentare uno degli aspetti vincenti dell’industria del territorio a basso impatto ambientale e all’insegna della soft economy. Ma quanti sono i sentieri realmente disponibili perché tenuti in vita e accuratamente segnalati? La rete sentieristica italiana, curata in larga parte dai volontari del Club alpino, ha dimensioni difficilmente censibili. Quarantamila chilometri di sentieri sarebbero curati direttamente dal Cai, secondo dati abbastanza recenti. I dati sono comunque difformi. I quarantamila chilometri diventano secondo altre fonti sessantamila o più.
Ma che cos’è successo in questo lungo periodo che ci separa dall’eroico Camminaitalia, organizzato una quindicina d’anni fa dal Cai e dalle Penne nere lungo un Sentiero Italia diventato nel frattempo una labile traccia? «Dopo l’iniziale boom del trekking dei primi anni Ottanta, al quale ho contribuito tra i primi», spiega Gianfranco Bracci nel Piacere di camminare (Edizioni Il Lupo, 2010), «c’è stata una vera e propria corsa all’oro del sentiero. Ogni ente, associazione, privato, volle elaborare, talvolta scriteriatamente, percorsi d’ogni tipo, reclamizzandoli a destra e a manca. Questo ha portato a un’inflazione dei sentieri segnalati che ha causato il successivo decadimento della sentieristica nazionale e spesso la delusione dei fruitori italiani e stranieri».
Oggi su tutti i progetti sembra svettare la Via Alpina (www.via-alpina.org/it) sotto l’egida della Convenzione delle Alpi. Il percorso si snoda, a quanto si apprende su internet, da Trieste (Italia) a Monaco, dall’Adriatico al Mediterraneo, con i suoi 5.000 chilometri di sentieri segnalati in cinque itinerari, attraverso otto Paesi europei: Slovenia, Italia, Austria, Germania, Liechtenstein, Svizzera, Francia e Principato di Monaco. La rete mette a disposizione, relativamente agli itinerari, diverse topo-guide, carte e opuscoli e un sito ben fatto. Sul sito le 340 tappe sono selezionabili una per una con schede esaurienti, per oltre 5.000 chilometri di escursioni dal livello del mare ai tremila metri di quota, con più di 60 passaggi di frontiera.
Altre iniziative? E’ nato a Siena il Trekking Urbano (www.trekkingurbano.info) e, più di recente, il Festival del camminare (www.festivalcamminare.bz.it) che si svolge in maggio a Bolzano ed è interamente dedicato al camminare come strumento di benessere e di conoscenza. Gli organizzatori propongono non solo camminate ma riflessioni, passeggiate, spettacoli, incontri con autori, testimonianze di camminatori e tanto altro ancora. Il tutto il più possibile itinerante. Come avviene, in giugno, per il Festival della Viandanza (www.viandanzafestival.it) organizzato da itinerAria con la collaborazione di Toscana Promozione, della Regione Toscana e del Comune di Monteriggioni.
Se poi qualcuno intende “scrivere con le gambe”, cinque giorni di narrazione e trekking in Alto Adige sono in programma dal 28 agosto al 1° settembre in Val Sarentino – Sarntaler Hufeisentour (Tour Ferro di cavallo – www.sarntaler-hufeisenrunde.info). L’idea è semplice. Viaggiare a piedi per cinque giorni, zaino in spalla, carta e penna sempre a portata di mano.
«Il sentiero viene ad assumere oggi una valenza del tutto nuova legata a motivate scelte culturali», spiega alla luce dei progetti fin qui descritti Annibale Salsa. «Si tratta quindi, per i territori alpini, di capitalizzare un patrimonio (dal latino ‘patrum munus’, dono dei padri) dotato di grande valore paesaggistico (intreccio di natura e cultura), di un valore etico non disgiunto da importanti ricadute economiche e sociali. La nascita dell’alpinismo e dell’escursionismo aveva già fatto comprendere l’importanza dei sentieri. Tuttavia, la percezione di una loro fruibilità era ancora circoscritta a una limitata cerchia di appassionati, per lo più aggregati attraverso l’associazionismo alpinistico. Nei Paesi d’oltralpe, stili di vita legati a modelli comportamentali molto attenti alla pratica dell’andar-per-sentieri sono legati ad una cultura diffusa del Wanderer o del Randonner. Una cultura che, in Italia, trova ancora resistenze di ordine psico-culturale. Ma i comportamenti stanno cambiando anche da noi».
Bisogna prendere atto che il convegno di Gromo, mobilitando anche personalità in vista nella politica regionale, dovrebbe avere smosso utilmente le acque. «Più che un convegno abbiamo cercato di fare di questo incontro un laboratorio», ha detto Renata Viviani, presidente del Cai Lombardia, che ha moderato i lavori. «Bisogna imparare e prendere spunto dalle esperienze positive altrui, in modo che tutti possano beneficiare di una singola eccellenza».
Roberto Serafin