Avevamo già trattato il tema delle coperture in lose in Valle d’Aosta nel numero 4 della rivista ArchAlp dell’Istituto di Architettura Montana ai tempi dell’approvazione, nella primavera del 2012, della legge regionale che limita l’obbligo della realizzazione dei tetti in lastre di pietra nei centri storici e per gli edifici di pregio, prima estesa invece a tutte le realizzazioni in aree paesaggistiche di particolare interesse e sopra i 1000 metri di quota.
All’epoca avevamo sottolineato come tale provvedimento potesse portare da un lato a una crisi del settore, ma dall’altro anche a un ritorno a una maggiore responsabilizzazione dell’atto progettuale e costruttivo.
Oggi, a distanza di quasi due anni da tale inversione di rotta, che naturalmente ha creato non pochi problemi a chi opera nel settore a causa dello stop ai contributi regionali erogati, segnaliamo con piacere la nascita di una nuova associazione nata con l’obiettivo di tutelare questa antica tradizione costruttiva.
Da qualche tempo è attiva sul territorio l’Associazione Valdostana dei Loseurs, presieduta da Ettore Champretavy di Introd, con lo scopo di tramandare le tecniche di realizzazione dei tetti in pietra e di dare avvio anche a forme di tutela come ad esempio l’attivazione di un test per la certificazione, o ancora a eventi di sensibilizzazione e di divulgazione di tale attività.
Tra le finalità dell’associazione, costituita ad oggi da meno di una decina di artigiani, vi è dunque in primis quella di diffondere la cultura della posa delle lose soprattutto tra i giovani costruttori, che altrimenti non avrebbero nessuna struttura di riferimento per apprendere tali tecniche.
Se questi obiettivi saranno raggiunti ci si augura che l’uso acritico avvenuto nei decenni scorsi di coperture in pietra di ogni foggia e provenienza (valli bergamasche, Cina, ecc…) venga pian piano abbandonato a favore di un ritorno a un utilizzo più consapevole di materiali e tecniche locali. Detto ciò non possiamo però dimenticare che l’obbligo delle coperture in losa ha di fatto garantito nei decenni scorsi una certa uniformità dal punto di vista paesaggistico, anche in quelle aree di lottizzazione edilizia che in altri ambiti avrebbero costituito un problema ambientale decisamente più grave.
Si auspica inoltre che venga incrementato anche il riutilizzo di manti di copertura ancora in buono stato, che negli ultimi anni veniva invece con troppa superficialità sostituito da materiale nuovo non solo per questioni di economicità ma anche perché non vi erano più maestranze in grado di recuperarlo.
Crediamo che l’operato di tali associazioni sia importante per un duplice motivo. Innanzitutto perché il recupero di tradizioni costruttive così profondamente radicate nel mondo alpino è un primo passo per poter continuare a produrre un’architettura di qualità. In secondo luogo perché tali maestranze costituiscono di fatto una reale occasione formativa e lavorativa per le nuove generazioni che decidono di intraprendere un mestiere che può permettere loro di continuare a vivere e lavorare anche nelle piccole realtà locali.
Roberto Dini
Ci ha fatto molto piacere leggere il vostro articolo,siete quindi calorosamente invitati alla seconda serata/dibattito con la popolazione che si terrà a Nus il 19 settembre alle 21 presso il salone municipale.Sicuramente troveremo punti di accordo su molte problematiche che affliggono l’architettura valdostana.Grazie e arrivederci. P.S. visitate su facebook Association Valdôtaine Lauzeurs