Sono nato in città e mi sono stabilito nelle Alpi, in Valle Camonica, 19 anni fa, all’età di 33 anni, anche se già prima avevo trascorso numerosi e lunghi periodi in montagna. Vivo a Bienno con mia moglie e i miei due figli, a quota non elevata – solo 450 metri –, ma vicinissime si innalzano montagne di 2500 metri e poco oltre l’Adamello. Il fondovalle è molto abitato e non manca nessun servizio utile, compresi centri culturali e sportivi, scuole superiori e ospedale; ma appena più in alto, sui due fianchi, il contesto è decisamente alpino, tanto che sia i paesaggi silvo-pastorali, sia quelli selvatici, sono sempre in vista e rapidamente raggiungibili.
Essere cresciuto in città mi ha permesso in seguito di non avere alcun rimpianto per la vita urbana, differenziandomi da molti valligiani di nascita: nelle Alpi si pensa spesso che i cittadini siano privilegiati, e che stare in montagna sia penalizzante da un punto di vista economico e di fruizione dei diritti. Io trovo vero il contrario: tutto ciò che conta è a portata di mano, sia il necessario, sia la bellezza e la calma. Vivere qui è un grande privilegio, ma forse occorre provare l’alternativa per rendersene conto. La libertà nettamente maggiore del crescere in montagna ha infatti una contropartita: non ci si sente costretti nei piccoli spazi dei quartieri urbani trafficati, nell’aria irrespirabile, nell’assenza di qualsiasi cosa che non sia maledettamente artificiale. Costrizioni che a me, da ragazzo, hanno dato lo stimolo più intenso della vita: la spinta inesauribile verso l’avventura, l’esplorazione, l’amicizia anche con ciò che non è umano, ma naturale.
Oggi il problema di mantenersi economicamente è reale in montagna come in pianura, con la differenza che in Valle Camonica occorre molto meno denaro che in una grande città. Nel mio caso, svolgo un lavoro culturale da free-lance: sono geografo, giornalista di montagna, scrittore, conferenziere, docente di corsi di orientamento e di esplorazione; in pratica quello che ho sempre sognato di fare. Un’attività precaria e incerta, da reinventare ogni giorno, però abbastanza libera, che mi permette di risiedere in un luogo qualsiasi, quindi appunto nelle Alpi; posso inviare ovunque i miei contributi, spostandomi solo nei giorni in cui devo condurre io stesso qualche incontro o manifestazione. Questa attività, assieme a quella di mia moglie, impiegata come tecnico forestale, finora ci ha permesso di tener testa alle spese, pur con molta attenzione al risparmio; a parità di entrate, per una famiglia di città lo stesso tipo di vita non sarebbe neanche lontanamente possibile.
Vivendo qui, le “uscite in montagna” hanno un carattere ben diverso da come le intende un cittadino. Posso salire nei boschi partendo a piedi da casa, ma, se anche uso l’auto, nella maggior parte dei casi non mi sposto più di 10-15 km. “Andare in montagna” è un fatto quotidiano, che decido al momento, a un’ora qualsiasi, quando ho qualche ora libera o se fuori dalla finestra vedo condizioni attraenti. Ho smesso di programmare trasferte, salvo per lavoro o per viaggi esplorativi veri e propri; eppure, in Valle continuo a scoprire itinerari, angoli e cime poco noti ai più e nuovi per me. Il regalo della montagna è che non ho fretta di andare altrove.
Eppure vivere nelle Alpi non è un idillio, perché ciò che c’è di più bello è costantemente minacciato ed eroso. L’avidità umana vuole fagocitare tutto. È questa la difficoltà: si vive in relazione con ciò che si ama, di conseguenza ogni giorno si soffre nel vederne la distruzione nel menefreghismo dei più. Il campanilismo è terribile. A maggior ragione è meritevole una variegata minoranza di persone sensibili e impegnate che anno dopo anno ho conosciuto, con cui si è creata una rete che reagisce, con cui stiamo vivendo progetti in controtendenza. Il volontariato è uno dei più grandi valori che ho trovato in Valle. Oltre alle montagne, è ciò che mi rende un convinto sostenitore dell’abitare le Alpi.
Franco Michieli, classe 1962, geografo ed esploratore, a 19 anni ha compiuto la traversata alpinistica delle Alpi da Ventimiglia a Trieste in 81 giorni. In seguito non si contano le traversate e le esplorazioni in vari continenti, sperimentando le capacità umane di orientamento senza strumenti tecnologici. È Garante internazionale di Mountain Wilderness.