Domenica 8 dicembre 2013 alle 10,30 nel salone comunale del Municipio di Castelmagno in frazione Campomolino, presentazione del Museo “Una casa per Narbona” seguita dalla visita ai locali del Museo in frazione Campomolino. Per l’occasione sarà riallestita la mostra fotografica “Le stagioni di Castelmagno” di Daniele De Bortoli, Flavio Menardi Noguera e Sergio Brumana con numerosi scatti degli anni Settanta. Sarà anche l’occasione di relazionare sul progresso delle ricerche su Narbona e sulla spedizione con l’elicottero per il recupero dei mobili destinati al museo prevista nella tarda primavera del 2014. La giornata è organizzata dal Centro Occitano di Cultura Detto Dalmastro, nell’ambito della FESTA dei giorni 7 e 8 dicembre prossimi dedicati all’Ecomuneo Terra del Castelmagno.

Non esiste un censimento delle frazioni disabitate e spesso in rovina, della montagna cuneese.. L’elenco completo sarebbe lungo e doloroso ma basta citarne una Narbona nel Comune di Castelmagno in Valle Grana Provincia di Cuneo, per fotografare una situazione drammatica e, in molti casi, irreversibile. Da quando è stata abbandonata (1960), la sua fama è cresciuta in parallelo alla sua rovina, ed essa è diventata un simbolo dell’antica civiltà della montagna e del suo drammatico spopolamento.
Il fascino di Narbona si spiega in parte con la posizione “impossibile”: al centro dell’omonima comba che da Campomolino (mt. 1155) sale fino al Monte Tibert (mt. 2648) su di un ripido pendio a 1500 mt. d’altezza, raggiungibile, fino a poco tempo fa, solo grazie a due sentieri non percorribili in inverno a causa delle numerose e imponenti valanghe.
Edificata su di un ripido pendio tra due canaloni al di sotto di una formazione di roccia, Rocha d’la Garita, che la difende dalle valanghe. La borgata ha forma triangolare e si sviluppa verticalmente. Le case sono appoggiate le une alle altre e disposte in dieci file con orientamento dei colmi variabile. Il dislivello tra la prima e l’ultima fila è notevolissimo e l’insieme suggerisce un’idea di arroccamento. I crolli rendono difficile cogliere, oggi, la reale struttura costruttiva di Narbona ma si intuisce che era una delle borgate più ardite delle nostre montagne. Qui “il vuoto è sempre vicino alle case, alle strade, ai pascoli ed ai campi coltivati” (Luigi Massimo).
Si tratta di uno splendido esempio d’insediamento abitativo in un contesto “estremo” che ha condizionato in modo originale le tecniche costruttive, l’organizzazione del lavoro, le condizioni di vita, la cultura. Per secoli qui ha vissuto un’intera comunità con tanto di chiesa e, dal 1925 al 1960, anche di scuola elementare. All’inizio del Novecento le famiglie di Narbona erano ventisei (circa 120 persone) con un centinaio di mucche, pecore e capre.
Il mistero delle origini di Narbona ha sollecitato varie ipotesi, non tutte suffragate da prove, come quella che sia stata fondata nel XIII secolo dai Catari che fuggendo le persecuzioni, cercavano un rifugio sicuro. Gli “indizi” sono suggestivi: il nome della frazione, i toponimi locali, alcune leggende, l’unico cognome dei suoi abitanti (“Arneodo”), la loro particolare parlata e il fatto che fossero detti “La brava genteta dl’Arbouneta” come i Catari erano detti “Bon hommes”.
Oggi Narbona sta divenendo un’immensa pietraia. Il contrasto tra i segni della vita d’un tempo e il degrado generale è molto forte e suscita un’emozione particolare nei visitatori attenti.
Negli ultimi anni si sono imbastiti vari progetti di recupero senza arrivare mai a qualcosa di concreto, poi, nel 2010, si è costituito un gruppo di ricerca per studiare in modo interdisciplinare la storia di Narbona e, nel 2013, un accordo tra il Centro Occitano di Cultura Detto Dalmastro di castelmagno e l’Associazione Culturale La Cevitou di Monterosso Grana, ha dato il via alla creazione del polo museale “Una casa per Narbona” che si propone la raccolta di tutto quanto è possibile sulla mitica frazione (oggetti, mobili, manufatti originali, documenti storici, antiche fotografie, testimonianze scritte e orali) nel tentativo di salvarne la memoria.

Info: www.terradelcastelmagno.it