La linea ferroviaria internazionale Torino-Cuneo-Ventimiglia-Nizza è nata nell’800, a seguito di un Decreto Regio voluto dall’allora Ministro Cavour. Dopo numerosi e travagliati dibattiti, due guerre e lavori interminabili legati alla sua complessità ingegneristica (quattro tunnel elicoidali e numerosi ponti), ha visto finalmente la luce negli anni ’70 del Novecento con la ratifica da parte delle autorità italo-francesi di una convenzione che ne disciplina la gestione.

Da mesi però le autorità sbolognano il problema “chiusura della Cuneo-Nizza” ai “soggetti competenti”, tanto che ancora oggi non è possibile stabilire chi siano questi “soggetti” che dovrebbero sobbarcarsi responsabilità, oneri e onori della linea ferroviaria. Le amministrazioni locali, italiane e francesi, hanno fatto appello alle regioni sostenendo, attraverso un protocollo d’intesa, l’impegno a sostenere la ricerca di finanziamenti europei, secondo il quale: va mantenuto il principio generale della convenzione del 1970 relativo all’importanza internazionale, trans-regionale e transfrontaliera della linea. Ma allo stesso tempo vanno rivisti in chiave innovativa gli aspetti di manutenzione e gestione pensando a una più oculata suddivisione dei costi tra le parti. Inoltre la linea va mantenuta per gli indiscutibili benefici che porterebbe alle località interessate, direttamente o indirettamente, e va ripreso il programma “europeo” per la sicurezza e gli interventi strutturali e ristabilita l’interoperabilità tra i materiali rotabili italiani e francesi.

E le regioni, Rff (l’Ente gestore della linea sul lato francese) e Rfi per tutta risposta intendono  ridurre, a partire dal 14 dicembre, il numero di treni da 16 a 4, rallentandone la corsa a 40 km/h e costringendo così i flussi di utenti a un dirottamento programmato su alternative più o meno vantaggiose. Nonostante le linee ferroviarie del Ponente ligure per Taggia, principale polo ferroviario imperiese vicino a Ventimiglia, siano state eliminate a loro volta per tagli voluti dalla Regione Liguria. Tenendo conto che turisti e pendolari che utilizzano il collegamento si stima siano almeno 2.000, tra cui giovani e anziani impossibilitati a utilizzare mezzi alternativi come l’auto privata.
Dopo aver deciso i tagli (la Regione Piemonte risparmierebbe circa 5 milioni di euro), le Amministrazioni regionali hanno “passato il testimone” alle Autorità sovraordinate, cioè ai Ministeri dei Trasporti italo-francesi, non sapendo come gestire il conflitto che rischierebbe di assumere caratteri preoccupanti. Ma la risposta è stata anche qui negativa: la legge di stabilità del Consiglio dei Ministri del Governo Letta non cita la Torino-Cuneo-Ventimiglia-Nizza, ma punta ancora una volta sull’alta velocità e sulla velocizzazione infrastrutturale.
Secondo alcuni testimoni della comunità locale, la linea va mantenuta altrimenti «in nome del risparmio si andrà a ledere il diritto di mobilità di tante persone, soprattutto i più deboli». «Non si contribuirebbe affatto al miglioramento della qualità dell’aria che in Italia è tra i più inadeguati in Europa insieme a Polonia, Slovacchia e Turchia», come recita il report settembre 2013 dell’EEA. Si contribuirebbe a «un aumento drastico del numero di veicoli lungo le valli Vermenagna e Roja» e «si limiterebbero le potenziali possibilità di sviluppo locale integrato all’interno della regione economica europea delle Alpi del Mare». Oltre a «distruggere un valore identitario e culturale in cui numerosi cittadini si riconoscono».
Poche certezze, tante difficoltà quindi, e un’unica grande speranza: che la Cuneo-Nizza non chiuda, ma che resista come ultimo baluardo di un’alpinità che vuole riscattarsi, innovarsi e non scomparire.
Cristiana Oggero