Da 30 anni – per scelta – vivo in montagna e di montagna, coltivando piante aromatiche e officinali. In questi anni ho visto le “terre alte” trasformarsi sempre più in riserva unica della biodiversità. A dire il vero tale preziosa connotazione è andata consolidandosi più per demerito delle “terre basse” che per scelte strategiche pianificate di residenti e amministratori montani. Fatto sta che oggi – in ambito europeo – le Alpi (come le altre catene montuose) rappresentano l’area di biodiversità più significativa sia sul piano estensivo che varietale.
Si tratta di un patrimonio in larghissima misura tutto da scoprire e da valorizzare, attivandone – con opportune iniziative – le potenzialità economiche di sviluppo ecosostenibile che da esso possono derivare; ma si tratta anche di un patrimonio unico, non replicabile e per sua natura molto fragile.
Per questo va difeso con le unghie e con i denti dalla “cultura dei pesticidi” che domina sovrana le colture estensive delle “terre basse”. Basti un dato per riflettere: l’Italia ha meno del 10% della superficie agricola europea, ma utilizza il 33% di tutti i pesticidi impiegati nell’intera Unione. I linfomi nella fascia di età più a rischio (0/14 anni) rappresentano in Italia il 4,6 %; lo 0,9 nel resto d’Europa!
Va presa consapevolezza che questa “cultura dei pesticidi” ben orchestrata dalle multinazionali dei veleni e delle sementi, finora strettamente ancorata alle coltivazioni estensive delle “terre basse” (pianura, fondovalle, aree frutticole e vitivinicole), da qualche tempo sta colonizzando le aree mediane delle vallate alpine, nonché le aree di alta quota (1700/2000 m) dove si irrorano, senza scrupoli, micidiali pesticidi (rizolex, tolclofos metil…) contro sclerotinia e rizoctonia nelle coltivazioni di Genepy. Tutto ciò rappresenta una minaccia grave all’intero ecosistema alpino, gioiello prezioso, ma troppo fragile per reggere da solo e in assenza di norme specifiche di tutela, una convivenza prolungata con i veleni dell’agrochimica.
Occorre un cambio di passo che – segnando una discontinuità con l’atteggiamento distratto dell’oggi – tuteli concretamente questa grande riserva di biodiversità delle vallate alpine dichiarandone i territori “Aree decontaminate”, ovvero aree dove è vietato l’uso di pesticidi in quanto – notoriamente – essi sono veleni mortali per la biodiversità, per le api e per l’uomo. Sarebbe sciocco credere nel potere taumaturgico di un singolo provvedimento, ma è pur vero che la realizzazione di aree decontaminate nelle vallate alpine costituirebbe un segnale forte e inequivocabile nella tutela di quella biodiversità, chiave di volta per uno sviluppo ecocompatibile del territorio, cui finora si è prestata scarsa attenzione e sensibilità.
Michele Fasano
Vivo a Pompeiana, provincia di Imperia, dove vi è un SIC, Sito di Interesse Comunitario, per la tutela della biodiversità. Anche qui non scherzano con i pesticidi, antiparassitari contro la mosca dell’ulivo e diserbo chimico negli uliveti (senza senso!). Estendiamo la proposta a tutte le aree protette e dintorni (visto che i pesticidi non conoscono confini).