Il Club Alpino Italiano, da sempre sensibile alla tutela della montagna in tutti i suoi aspetti, si è dotato di un nuovo strumento di autoregolamentazione: il “Nuovo Bidecalogo”.
Questo documento programmatico, approvato durante l’assemblea nazionale dei delegati a Torino il 25-26 maggio 2013, esprime la politica protezionistica e le linee di indirizzo e di autoregolamentazione del Cai, tenendo conto dell’esigenza di conservazione dell’ambiente montano e delle genti che vi sono inserite. Racchiude in sé i vari documenti sulla tutela dell’ambiente montano che erano stati approvati nel corso degli ultimi 30 anni: il Bidecalogo del 1981 (documento in 20 punti, tra i primi in Italia sui temi ambientali); la Charta di Verona del 1990 e le Tavole di Courmayeur del 1995, più diverse proposte specifiche sugli stessi argomenti. Nel nuovo documento ambientale del Club Alpino non vengono trattati solo i settori – turismo, escursionismo ed alpinismo nelle loro diverse forme – più direttamente connessi alle attività praticate dai soci del sodalizio. Anche temi quali paesaggio, aree protette, uso del suolo, produzione di energia, mobilità e trasporti vengono affrontati e per ognuno è stata elaborata una “posizione” e sono stati formulati specifici “impegni” che dovranno essere fatti propri da ciascuna sezione e da ciascun socio. Forse la grande scommessa del Cai, un sodalizio che conta oltre 300.000 soci e centinaia di sezioni distribuite su tutto il territorio nazionale, è proprio quello di far recepire ad una base sociale il più grande possible, e mettere in pratica, i principi e le raccomandazioni contenute nel documento. Il documento indica con maggiore concretezza l’identità dell’associazione per la quale gli iscritti sono tenuti alla conoscenza e al rispetto. All’interno del Club alpino, pur essendo da sempre considerato un’associazione ambientalista e nonostante i principi statutari, questa consapevolezza non sempre è stata presente. Lo confermano le parole di chi come Antonio Zambon, Presidente del Cai Friuli, è da tempo impegnato sul fronte ambientale: «Il Cai non deve essere più visto dal socio solo come “bollino” e assicurazione o per la possibilità di praticare attività ludico-sportiva, ma come associazione che promuove la cultura della montagna in tutti i suoi aspetti, nel rispetto degli ambienti e delle popolazioni che vi abitano».
Se alcune raccomandazioni contenute nel documento possono sembrare scontate, altre non lo sono affatto e riguardano le strutture in quota, gli impianti di risalita e le vie di comunicazione, la mobilità, l’utilizzo di prodotti regionali nelle strutture ricettive. Anche la frequentazione della montagna ha dei limiti. Ci sono aree di particolare pregio e ambienti delicati, periodi dell’anno che si possono prestare o meno, attività ludiche che necessitano di particolare attenzione. Ben vengano le varie forme di autoregolamentazione, purché tali siano davvero, ma l’auspicio è che il Cai continui a battersi, come sta facendo, perché si possa arrivare a delle regole su base nazionale che vengano rispettate da soci e non soci.
Francesco Pastorelli
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