Quattro casi emblematici di “nuovi abitanti” nelle Alpi del Nordovest italiano raccolti dall’obiettivo delle nostre videocamere. Quattro esempi, il più possibile eterogenei, per spiegare cosa sta avvenendo nelle terre alte, accanto alle blasonate e “raccontate” stazioni sciistiche o alle mete del turismo di massa. Perché in montagna la gente continua a vivere tutto l’anno, spesso accanto a nuove famiglie immigrate dalle zone di pianura, in cerca di futuro e di modelli di vita alternativi, per combattere l’attuale crisi, che prima ancora che economica oggi è culturale, perché spesso non permette di intravedere prospettive di vita sostenibili e dignitose.

C’è il caso del piccolo produttore di vino in Valle di Susa, Roberto Cibonfa, guardiaparco del Gran Bosco e produttore per passione, che recupera le terre incolte intorno al suo comune di residenza, Exilles. Il vino locale, grazie all’interessamento della Provincia di Torino, riceve la doc, e la Comunità montana, grazie alle “compensazioni” ricevute dalla Sitaf per la costruzione dell’autostrada, realizza una cantina in cui vinificare con tecnologie appropriate. Così l’attività, da passione, diventa una piccola impresa, un’occupazione che oggi dà da vivere al figlio Enrico: titolare dell’Azienda vinicola Isiya e studente del corso di laurea in viticoltura ed enologia presso la Facolta di Agraria dell’Università di Torino.
Oppure il caso di Diego Rossi, che il richiamo delle radici di Olivetta San Michele, in Provincia di Imperia, la ricerca della tranquillità e l’amore per la natura hanno spinto, come altri suoi amici e conoscenti, ad abbandonare la riviera per promuovere l’entroterra del Ponente ligure. Terra di meraviglie naturali e sociali e ambienti unici da valorizzare. E luogo ideale per svolgere il lavoro da guida naturalistica, grazie anche alla costituzione del Parco delle Alpi liguri.
C’è Bianca Manesco, che fa parte della comunità d’origine rumena di Pragelato, Val Chisone, Provincia di Torino, che conta oltre 158 residenti connazionali su 450 totali. Arrivata quasi dieci anni fa in valle, oggi è titolare della Expres Bia, una società nata da un paio di anni a Pragelato per gestire la pulizia di uffici e, soprattutto, seconde case, che arriva a dare lavoro a ben 4 collaboratrici. Una straniera imprenditrice nelle terre alte, un fenomeno in aumento negli ultimi anni nel nostro paese, di cui si parla ancora poco.
O ancora Caterina Rebaudo, di Pigna, in Alta Valle Nervia. Dove l’antica e tipica coltura del fagiolo bianco rischiava di perdersi. Ma grazie alla costituzione di un consorzio e al riconoscimento come Presidio da parte di Slowfood, che ha fatto balzare il prezzo al chilo da 5 a 16 euro, oggi vede insistere sul suo territorio ben 70 produttori. Giovani, intraprendenti e organizzati. Caterina Rebaudo, con il marito pensionato, da luglio a ottobre lavora nell’azienda del figlio, Enrico Allavena, famoso musicista e trombonista del gruppo Giuliano Palma & the Bluebeaters. Cinquemila metri quadrati di terreno terrazzato per una produzione di 7 quintali di fagioli all’anno.
Quattro casi emblematici del “nuovo che avanza” nelle valli alpine. Ma anche quattro storie che suggeriscono interessanti interrogativi sulle politiche di governo del territorio da porre in atto. Politiche mirate per il lavoro, la casa, i servizi e la cultura nelle Alpi. Per evitare che questi esempi rimangano dei casi sporadici e isolati, e per dare anche ad altre persone o famiglie l’opportunità di intravedere prospettive di vita sostenibili e dignitose.
Maurizio Dematteis

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