Secondo quanto emerso da recenti ricerche, circa 7000 anni fa, in un appartato vallone qualche chilometro ad est del Monviso, veniva estratto e lavorato un raro minerale simile alla più nota giada cinese. A render suggestivo il ritrovamento è la scoperta che i manufatti in giadeite, questo il nome del particolare minerale verde chiaro, hanno poi viaggiato per migliaia di chilometri fino a raggiungere Normandia, Danimarca, Irlanda e Bulgaria.
La scoperta iniziale è di due geologi dell’Università di Torino, Franco Rolfo e Roberto Compagnoni, che nel 2003 localizzano sulla Punta Rasciassa, a circa 2400 m di quota, il primo giacimento primario (cioè in sede non fluviale) di giadeite delle Alpi. Quasi simultaneamente l’archeologo francese Pierre Petrequin giunge allo stesso risultato: dopo aver dedicato per anni le proprie vacanze estive alla ricerca di campioni minerali, ispezionando alvei e versanti delle Alpi occidentali, nel 2003 Petrequin finalmente giunge in Valle Po e localizza anch’egli i primi blocchi massivi, oltre una tonnellata di jadeitite pura.
Negli anni seguenti, nell’ambito del progetto JADE, Petrequin approfondisce gli studi con un metodo spettrografico che consente di identificare con estrema precisione il “profilo” esclusivo di ogni reperto, e individua così la correlazione tra i campioni minerali raccolti e centinaia di accette litiche, strumenti ampiamente diffusi in età neolitica e oggi conservati nei musei di tutta Europa. L’attenzione si concentra sopratutto su alcune accette “orfane” in giadeite, di cui non è mai stato accertato il luogo di estrazione.
Fin dagli inizi del ’900 l’origine di questa pietra verde chiaro è stata oggetto di dibattito tra gli archeologi: secondo alcuni il luogo originale di estrazione era ormai estinto e irreperibile, altri arrivarono a ipotizzare un’arcaica importazione dalla Cina. Emerge invece una stupefacente storia: è proprio la giadeite estratta 7800 anni fa dai giacimenti del Monviso a essere utilizzata per le asce più preziose che saranno poi ritrovate nelle torbiere dell’Inghilterra, all’interno dei monumenti megalitici della Normandia e in altri siti dei Paesi Bassi e del resto d’Europa.
Secondo le ricerche effettuate la giada subiva un’iniziale lavorazione sul luogo di estrazione, i durissimi blocchi venivano frantumati attraverso procedimenti di shock termico (fuoco e neve), i frammenti ottenuti venivano poi scheggiati fino a ottenere un abbozzo della forma desiderata. Gli scarti erano elevati, migliaia di schegge di lavorazione, e resti dei focolari sono stati reperiti in Valle Po con datazioni estese tra il 5200 e il 4700 a.C.. Valicate le Alpi i pezzi “grezzi” venivano sottoposti a progressive e ripetute lavorazioni lungo il cammino, in Svizzera e Francia, aumentando progressivamente il grado di finitura. Un cammino durato millenni: giunsero a Carnac Saint-Michel in Bretagna verso il 4500 a.C., e in Somerset, Gran Bretagna, nel 3800 a.C.
Le particolari qualità di durezza, lucentezza e colore della jadeite erano così apprezzate da escluderla dall’uso quotidiano; le accette litiche ritrovate non riportano segni di usura o di utilizzo alcuno, sono anzi rifinite con estrema cura e lucidate a specchio. L’atto stesso della raccolta in un luogo in quota, impervio e difficilmente accessibile, era parte del valore magico-rituale attribuito a questi antichi oggetti-simbolo. I luoghi di ritrovamento sono spesso altrettanto singolari: venivano seppellite a coppie, con il lato tagliente verso l’alto, al di fuori dei contesti consueti, in prossimità di rocce prominenti, o all’ingresso di caverne, o in riva a un fiume, in torbiere e luoghi paludosi.
L’insieme di rituali che coinvolgeva queste “asce cerimoniali”, dal momento dell’estrazione fino alla sepoltura finale, fa supporre che fossero considerate una sorta di oggetto sacro, forse un simbolo di potere o religioso, tramandato di generazione in generazione per un periodo di oltre un millennio.
Stefano Pollastri
Per saperne di più: http://goo.gl/dAQaO, http://goo.gl/GVfUt
Guarda il video: http://www.cerimes.fr/le-catalogue/jade.html
Segnalazione e documentazione molto interessanti. A conferma si segnala un riporto in merito a questa “pietra” presso la sezione Archeologia del Museo Nazionale a Dublino