Era il 2002: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite proclamava l’Anno internazionale della montagna e designava l’11 dicembre di ogni anno a celebrare la Giornata internazionale della montagna. Il Dipartimento Foreste della Fao (Food and Agricolture Organization of the United Nations) è, da allora, l’organismo preposto alla preparazione e all’organizzazione dell’IMD, e ha il compito di guidarla a livello globale.
L’ultima edizione ha visto protagoniste le foreste montane, linea di demarcazione tra Nord e Sud del mondo, protagonista il primo di un rapido sviluppo per il contrarsi delle attività agricole tradizionali, vittima il secondo di una sempre più accanita deforestazione. «L’aver trascurato questi habitat – denuncia la Fao – non ha soltanto avuto ripercussioni sulle comunità che vi abitano, ma sta avendo ricadute negative su ogni abitante del pianeta». La voce dell’organizzazione quest’anno si fa sentire attraverso un video-appello lanciato lo scorso dicembre, a testimonianza di quanto lo sviluppo sostenibile dell’ecosistema montano sia divenuto una delle sfide prioritarie da affrontare in questo secolo e in quelli a venire.
Obiettivo dell’IMD è sensibilizzare istituzioni e società civile sull’importanza dell’ambiente montano, in quanto essenziale risorsa vitale per l’uomo e l’ambiente dove vive. Ciò che deve maturare è una “coscienza di territorio” capace di agire e pensare nell’interesse dell’intero arco montano e al di là di una singola cima o confine nazionale. Le montagne sono i luoghi della biodiversità, “magazzini genetici” di eccezionale valore che ospitano un’immensa varietà di specie naturali (e umane). A lungo sono state sottomesse ai bisogni del mercato. Il riferimento al caso italiano è d’obbligo. È il 1989 quando si riunisce la prima Conferenza delle Alpi e si stipula il primo trattato internazionale sulla salvaguardia del territorio alpino. Prima che si guardasse loro con occhi consapevoli, le Alpi erano state teatro di uno sfruttamento irresponsabile: erano gli anni del decentramento amministrativo, della colonizzazione urbana, dell’edilizia abusiva, in sintesi della dis-attenzione. «L’industria turistica – spiega Eduardo Rojas-Briales, Vicedirettore Generale del Dipartimento Forestale della Fao – è stata ed è nelle mani di compagnie esterne: strutture e iniziative turistiche sono mal gestite e causano erosione del suolo, destabilizzano i pendii e inquinano le risorse idriche finendo per danneggiare le economie locali piuttosto che portare loro dei vantaggi». Nel ridurre gli effetti negativi di anni di incuria tornano protagoniste le comunità locali che, sostenute a livello sovranazionale, devono essere riconosciute per il ruolo che svolgono di guardiani della specificità montana. «Occorre lavorare a fianco delle comunità locali – prosegue Briales – fornendo loro il sostegno e i mezzi finanziari di cui hanno bisogno, e far sì che esse diventino i veri custodi e gestori delle montagne invece di essere costrette ad abbandonarle per la città».
Daria Rabbia
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