Si è svolto sabato 10 novembre 2012 il seminario di studio “Vivere in e di montagna”, organizzato dalla Pastorale Sociale e del Lavoro della regione ecclesiastica Piemonte e Valle d’Aosta.
L’incontro, pensato per dare seguito ai tre seminari di studio sui problemi del territorio piemontese e valdostano, ed in particolare sull’utilizzo del suolo e del sottosuolo, organizzati dalla stessa Pastorale lo scorso anno, ha suscitato interesse e partecipazione.
«L’intento – spiega don Flavio Luciano, direttore della Pastorale Sociale e del Lavoro Diocesi di Cuneo-Fossano – è delineare prospettive di vita in montagna, anche come risposta alla crisi economica e ecologica di oggi». Motore della riflessione il pensiero che vivere in montagna oggi sia non solo possibile, ma necessario.
Nella prima parte del seminario l’intervento di Cesare Lasen, direttore dell’Ufficio per la Cultura e gli stili di vita in montagna della Diocesi di Belluno. Biologo di formazione e nativo di un piccolo comune dove si è reinsediato dopo gli studi universitari a Milano, ha trattato opportunità e limiti della vita in montagna, chiamando poi la comunità ecclesiale a impegnarsi nel recupero dei valori ecologici e ambientali a difesa della montagna, riserva per eccellenza della biodiversità del territorio.
La seconda parte del seminario ha raccolto le esperienze di cinque famiglie che hanno fatto della montagna cuneese la loro casa e il loro sostentamento.
Michele Baracco e Margherita Dardanelli (Casa Frescu – Frabosa Sottana) da circa vent’anni allevano pecore e producono formaggi. «Il nostro prodotto è incomparabilmente diverso e superiore rispetto a quello industriale, essendo nutriente il doppio»: da anni cercano di sensibilizzare i consumatori ad un costo leggermente superiore per un prodotto infinitamente migliore.
Fabrizio Viale (Alpiforest, cooperativa boscaioli Valle Vermenagna) 14 anni fa ha intrapreso l’avventura di andare a vivere in montagna con moglie e figlio. Crede che il futuro sia nella montagna, a patto che nascano visioni e azioni comuni: «Ci sono 2000 ettari di bosco – spiega – ma per sfruttarlo servono consumatori che riconoscano la convenienza del legno rispetto al metano, sistemi di viabilità innovativi per i macchinari necessari ai boscaioli e un po’ di sana lungimiranza, perché gli interventi di oggi devono tenere in considerazione i boschi di domani».
Michele Fasano rappresenta la Cooperativa Valverbe della Valle Varaita che oggi dà lavoro a 18 impiegati. Nel 1985 si è trasferito con la famiglia a Bellino per recuperare il patrimonio dello suocero: «”Il vento fa il suo giro” è la nostra storia – racconta alla platea – solo che per noi ha avuto esito positivo». La loro è un’esperienza unica, ma replicabile: in montagna si può e si deve vivere, non solo sfruttando le possibilità offerte dal telelavoro, ma lavorando le risorse della terra. «Deve nascere una nuova cultura, in grado di superare quella prevalente del carpe diem – per non dire di rapina – secondo cui si prende oggi tutto quello che c’è senza tenere in considerazione ciò che succederà domani».
Antonio Brignone viene dalla Valle Stura dove ha creato, insieme ad altri allevatori, il Consorzio L’Escaroun che si dedica all’allevamento della pecora sambucana. Nel 1986 alcuni allevatori di pecore decisero di specializzarsi in quest’attività come fa l’escaroun, il gruppo di pecore che si distacca dal gregge per andare a pascolare altrove dove l’erba è migliore. «Uno dei problemi più grandi sono i contributi che vengono dati alle aziende agricole della montagna – spiega Brignone – perché sono gli stessi dato a quelle della pianura». La differenza è lampante: «la montagna non può fare quantità e i contributi sono una miseria: ad alcune aziende non conviene neanche fare domanda, perché costa più di quanto potrebbero percepire».
Roberto Colombero, Sindaco di Canosio e Presidente della Comunità Montana Valli Grana e Maira, ha suscitato grande interesse nell’ultimo mese con le sue idee sul futuro delle Comunità Montane. Anche sabato si è concentrato sul concetto di comunità: «costruire comunità – dichiara Colombero – vuol dire dare a tutti la possibilità di scegliere cosa fare»; ciò che bisogna scongiurare è il sentimento di rabbia che spesso accompagna chi si è trovato costretto ad abbandonare la propria casa: è il caso di chi si trasferisce in città non per scelta, ma perché in-montagna-non-si-può-fare.
“Al centro di tutti gli interventi di questa mattina – dichiara don Flavio alle telecamere del quotidiano online TargatoCn – l’attenzione alla natura, il rispetto del creato e la valorizzazione delle persone. È così che vogliamo portare il nostro contributo alla riflessione che si sta facendo nelle Comunità Montane”.
Daria Rabbia