Su di una panoramica collina nei pressi della città di Lanzo Torinese, in sostituzione di un precedente e antico complesso, sorge dagli anni Ottanta una bella e moderna struttura ospedaliera, un tempo dipendente dall’Ordine Mauriziano e, dal 2003, passata alla gestione regionale.

Pur tra molte difficoltà, l’ospedale di Lanzo ha compiuto nel tempo un percorso significativo di crescita in termini di qualità, professionalità, efficienza e produttività che, coniugate con un alto coefficiente di umanità, hanno migliorato l’approccio e l’assistenza al paziente, portando nel frattempo alla realizzazione di eccellenze conosciute e frequentate da tutta la provincia.

Ora, nel nome del contenimento della spesa sanitaria regionale, il nosocomio lanzese è stato indicato tra gli ”ospedali da riconvertire“, ponendolo a rischio di chiusura, anziché tra quelli ”di territorio“, che ne avrebbe consentito invece la permanenza. Da subito si è verificato uno spontaneo fenomeno di coesione tra gli abitanti, i sindaci, il clero, gli operatori del settore, che è culminato nella costituzione di un “Comitato per la difesa dell’Ospedale di Lanzo”.

Nell’intento di scongiurarne la definitiva chiusura le proteste si sono indirizzate su diversi fronti, dalla raccolta di firme tra la cittadinanza valligiana, quasi 22 mila, ai ricorsi amministrativi, ai sit-in di protesta fino al coinvolgimento del Presidente della Repubblica. Proprio a Napolitano, il Comitato ha indirizzato una lunga lettera nella quale si evidenzia come da Lanzo si dipartano quattro vallate non comunicanti fra loro, che furono teatro di una gloriosa Resistenza partigiana, e di come una politica miope e distratta abbia provocato un costante e crescente depauperamento del territorio, riducendo progressivamente le scuole, gli uffici, i servizi, il lavoro e ora anche l’unico ospedale.
Un’ultima disattenzione perpetrata nei confronti della montagna, che ha già subìto gravi danni e il progressivo allontanamento dei giovani delusi e demotivati per la carenza di servizi, lavoro e svago, lasciando il territorio ad anziani soli e indifesi, che nel futuro non avranno neanche più la certezza e la possibilità di essere curati in un ambiente pubblico sereno e dignitoso ma soprattutto ”raggiungibile“, viste le distanze e le condizioni delle strade di percorrenza.
Gianni Castagneri

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