A cavallo tra il XIX e il XX secolo gli orizzonti economici e culturali delle comunità della Valle di Susa e della Val Cenischia si sono estesi ben oltre l’arco alpino, determinando la dilatazione dei reticoli sociali dalla vicina Francia fino al continente americano.
Il quadro degli ultimi vent’anni si presenta, in linea con le tendenze nazionali, capovolto rispetto a quello d’inizio Novecento: le valli di Susa e Cenischia, riconosciute in passato come aree d’emigrazione, sono recentemente diventate teatro di un fenomeno d’immigrazione da parte di soggetti provenienti da varie parti del mondo, in particolare dall’Est Europa, dal Nord Africa e dall’America Latina. Oggi sembrano riproporsi – ma specularmente – circostanze simili a quelle che ieri avevano visto protagonisti i nonni e i bisnonni degli odierni abitanti di queste valli: i loro confini travalicano nuovamente il territorio in cui sono inscritti per rappresentare ancora una sfida conoscitiva affascinante e complessa.
La nostra ricerca ha scelto di analizzare le principali caratteristiche dell’immigrazione prevalentemente stabilizzata, considerando solo gli immigrati che hanno preso residenza (ed eventualmente fatto nascere e crescere i loro figli) nei paesi della valle. L’area analizzata, per semplicità qui denominata “Centro Susa”, comprende i comuni di Novalesa, Venaus, Mompantero, Chianocco, Susa, Bussoleno, S. Giorio, Meana, Giaglione, Chiomonte ed Exilles: un insieme di paesi che trovano nella città di Susa il proprio centro economico e geografico.
Negli ultimi vent’anni, a fronte di una sostanziale stabilità della popolazione residente, il numero di stranieri è passato dallo 0,6% del 1991 al 7,2% del 2011. La dinamica immigratoria a livello dei singoli comuni del “Centro Susa” si è rivelata tuttavia disomogenea, sia nello spazio che nel tempo, a causa della migrazione interna tra i comuni della valle: un processo dettato dalla flessibilità della domanda di lavoro in cantieri e imprese edili che ha determinato frequenti spostamenti nel territorio.
Nei primi anni ’90 il 39% e il 33,5% degli immigrati residenti proveniva rispettivamente dall’Albania e dal Marocco; oggi, invece, ferme restando le componenti di immigrazione albanese (29,5%) e marocchina (25,9%), il primato spetta alla Romania, rappresentata nel territorio dal 30,8% (464 individui) degli immigrati residenti nel 2011.
Il rapporto fra i sessi dei migranti è rivelatore di molti comportamenti che possono svelare, talvolta, complesse strategie famigliari e caratteristiche culturali e sociali intrinseche alle differenti nazionalità. Se nel 1993 fra albanesi e marocchini sono nettamente preponderanti i maschi, nel 2010 la presenza femminile per entrambe le nazionalità risulta accresciuta, pareggiando quella maschile. I dati Istat non consentono di verificarlo direttamente, ma è plausibile l’ipotesi che siano stati prevalentemente i ricongiungimenti famigliari a bilanciare le presenze di entrambi i sessi. Sempre nel 2010 si osserva una netta prevalenza di donne romene e moldave, molto probabilmente da ascrivere alla crescente richiesta di personale per l’assistenza degli anziani.
Considerando le età giovanili, tra il 2003 e il 2011 la proporzione degli stranieri in età scolare e prescolare è triplicata a dispetto di quella degli italiani: tale dato rappresenta il contributo crescente degli immigrati al perpetuarsi della popolazione della Valle Susa. L’analisi della scolarizzazione potenziale (soggetti in età scolare) e l’elaborazione di alcuni indici socioeconomici – vecchiaia, dipendenza e ricambio – hanno inoltre messo in evidenza il rilevante ruolo degli immigrati stranieri nel rallentare il drammatico squilibrio tra gli anziani non più attivi e i giovani (la scolarizzazione potenziale è in media dell’11,5% al 2011).
Gli stranieri non risultano quindi un corpo avulso dalla società residente, ma ne fanno parte e ne influenzano profondamente il “destino” culturale, demografico e genetico: un’analisi rigorosa e comparativa di entrambi i soggetti implicati nella vicenda migratoria è dunque cruciale.
Marcello Fagiano e Marilena Girotti (Dip. di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università di Torino), Sergio De Iasio (Dip. Genetica, Biologia dei Microrganismi, Antropologia, Evoluzione, Università di Parma)