Stando ai dati dell’Osservatorio Faunistico Regionale della Regione Piemonte, sul territorio della Provincia di Torino sono insediati almeno cinque branchi di lupi, gravitanti tra la Val Chisone, la Val Germanasca e la Valle di Susa. Una presenza ormai costante, che assolve a un importante ruolo ecologico legato al mantenimento degli equilibri degli ecosistemi. Lo sottolinea con forza l’Associazione Teriologica Italiana in un recente comunicato (La conservazione del lupo sulle Alpi: rischio di malainformazione), in cui richiama l’importanza di una corretta informazione sul ritorno del lupo sulle Alpi.
A quanto pare, infatti, a qualcuno tale presenza non piace: «Nelle ultime due settimane, in Val Chisone sono state rinvenute due carcasse» informano al Centro Grandi carnivori del Parco delle Alpi Marittime. «La morte del primo esemplare risale a quest’autunno, e potrebbe essere avvenuta con un’arma da fuoco. Il secondo animale è stato probabilmente avvelenato, anche se le analisi necroscopiche sono attualmente in corso». Un segnale preoccupante di una convivenza sempre più fragile, in queste valli così come nel resto della regione.
«Il rischio è che la situazione possa ulteriormente aggravarsi», sostiene Domenico Rosselli, guardiaparco del Parco Naturale Val Troncea (dal 1° gennaio 2012 parte del più ampio sistema di aree protette delle Alpi Cozie). «Il Lupo – continua Rosselli – sta purtroppo tornando a essere considerata la bestia feroce e temuta di un tempo». Un ruolo che i dati sembrano però smentire appieno, se è vero che, informazioni dell’Osservatorio Faunistico Regionale alla mano (Relazione 2011 su danni, premio e prevenzione), nel corso del 2011 in tutta la provincia di Torino i risarcimenti elargiti per danni diretti e indiretti causati dal lupo ammontano a poco più di 26.000 euro. «Il problema – sostiene Rosselli – è che bisognerebbe fare riferimento a tali dati reali, frutto di un monitoraggio attento e resi disponibili da diversi organismi scientifici che studiano la specie, mettendo l’emotività in secondo piano». Insomma, bisognerebbe valutare il reale impatto del lupo con un certo distacco: «La radicalizzazione di opposte visioni favorevoli o contarie alla presenza del lupo sulle nostre Alpi non giova al necessario risultato di una positiva e sostenibile convivenza con l’uomo: certamente, il lupo può rappresentare un problema in alcune circostanze ma, dati alla mano, l’impatto dei branchi presenti sul territorio appare al momento più che sostenibile».
E’ in questa direzione che vanno le iniziative intraprese dal Parco Val Troncea: «Il Parco partecipa da sempre al monitoraggio sul ritorno del lupo in questo settore delle Alpi, attraverso le attività di snow tacking e di registrazione delle predazioni. Attività che hanno attestato ormai un transito costante di esemplari all’interno del parco stesso, probabilmente utilizzato come via di passaggio che mette in comunicazione la Val Germanasca con la Val Chisone». Continua Rosselli: «Il Parco partecipa ad attività di educazione ambientale con scuole e associazioni, oltre che all’organizzazione di incontri e serate di informazione aperte a tutti, in cui si tenta di affrontare il tema nel modo più oggettivo possibile, sottolineando la funzione ecologica che il ritorno del lupo ha per l’ecosistema alpino». Inoltre il Parco ha prodotto diversi materiali di approfondimento: nel 2002, ha curato una mostra dal titolo Il ritorno del Lupo in val Chisone ed in val Troncea – i cui pannelli sono consultabili on-line sul sito del Parco; nel 2003, in collaborazione con SGI Srl, ha partecipato attivamente alla produzione di un documentario, commercializzato in VHS e DVD; nel 2004, infine, ha curato la pubblicazione del volume Il lupo tra scienza e cultura popolare – con scritti inediti di Michele Buniva. Medico e veterinario, nominato da Napoleone Bonaparte professore di Igiene pubblica e privata, Buniva dedicò alcune lettere al tema della paura del lupo nelle credenze popolari e contadine dell’epoca: uno sguardo critico e moderno, che, forse, oggi sarebbe quanto mai utile recuperare.
Matteo Puttilli