Almeno dal punto di vista letterario il lupo non è certo un animale in difficoltà. Al contrario. La giuria del premio “Lupus in fabula” – di cui facevo parte – ha sudato non poco per scegliere tra i 246 racconti partecipanti al concorso indetto dalla Fondation Grand Paradis e dal Parco Nazionale Gran Paradiso. Alla fine il primo premio per la sezione adulti è andato a Il sogno di Bayar di Grazia Gironella di Fanna (Pn), con la seguente motivazione: «Racconto avvincente dai dettagli accurati: la trama complessa, il ritmo serrato e il linguaggio fortemente evocativo trasportano il lettore nelle steppe della Mongolia e favoriscono una forte immedesimazione emotiva». Per la sezione ragazzi è stato premiato Io di Greta Bigatti di Esine, in provincia di Brescia.
I migliori racconti introdotti da alcuni contributi scientifici saranno riuniti in un volume realizzato dalla Fondation Grand Paradis con fotografie inedite, di cui molte scattate dai guardiaparco del Gran Paradiso e raccolte dal centro di documentazione Spazio Lupo di Valsavarenche. La presentazione del libro e la premiazione dei vincitori del concorso si terranno il 26 maggio 2012, in occasione della Giornata Europea dei Parchi, presso il Centro Visitatori del Parco in Valsavarenche.
Il Presidente della giuria Annibale Salsa ha commentato che «il Premio ha inteso sottolineare l’evento coinvolgendo adulti e ragazzi in una sfida letteraria volta a stimolare riflessioni su di un animale selvatico da sempre al centro di paure ancestrali e di simbologie contrastanti. Dalla quantità di elaborati pervenuti da tutta l’Italia, dalla Francia e dalla Spagna, si può desumere che il lupo rappresenti ancora un elemento dell’immaginario collettivo dai tratti fortemente ambivalenti. Elemento di attrazione per turisti portatori di una cultura cittadina che tende a idealizzarne l’immagine, ma anche oggetto di contestazione da parte dei montanari preoccupati per il suo ruolo di antagonista nei delicati equilibri fra l’uomo che vive di montagna e i rischi di predazione delle greggi, il lupo continua a far parlare di sé. E lo fa in termini antropomorfi, soprattutto da parte dei ragazzi, i quali tendono a rappresentarlo come una sorta di appendice domestica dai risvolti sentimentali».
Dalla gran maggioranza dei racconti emerge infatti una versione “moderna” della favola del lupo che lo dipinge come “buono”, di solito, e come vittima sempre: i piccoli di uomo e i cuccioli di lupo si incontrano all’insaputa degli adulti, perché i bambini sanno che il lupo è buono e vogliono salvarlo dai fucili e dalle tagliole. Talvolta interviene un mediatore (il nonno, il guardiaparco) per aiutare i bimbi a salvare e curare i lupi, che comunque, alla fine della favola, vanno rimessi in libertà nella consapevolezza che sono dei selvatici e soffrirebbero a vivere in cattività.
Nei racconti appare raramente la complessità contemporanea del rapporto uomo-lupo, pastore-predatore, domestico-selvatico; il conflitto è traslato sul piano della metafora morale (lupo buono e mondo cattivo) ed è risolto attraverso la fantasia. A rischio di ricadere in un nuovo luogo comune in cui la natura è quasi sempre buona e la civiltà no. I piccoli sanno capire gli animali perché conservano sentimenti poetici e di pietà, gli adulti no perché sono malati di materialismo. In qualche misura si ribadisce l’antico mito della civiltà corruttrice, anche se poi nella realtà, paradossalmente, sono proprio i cittadini a prendere le difese del lupo.
Enrico Camanni