Le miniere sono passate in pochi anni da luoghi di lavoro duro, logorante, quasi inumano a musei o ecomusei dove, nelle viscere della terra, si può osservare e conoscere in maniera interattiva la vita dei minatori che estraevano le materie prime fondamentali per la nascita e lo sviluppo della società industriale. Un interessante ribaltamento di prospettiva: da ambiente malsano, dove si praticava un mestiere degradante e manuale, a istituzione culturale di educazione e diletto.

Questo processo, avvenuto nei distretti minerari più importanti d’Europa, è un settore specifico dell’archeologia industriale, intorno a cui si sviluppano significativi flussi turistici. In Galles, i pozzi d’estrazione del carbone di Blaenafon costituiscono un museo nazionale tra i più visitati del paese e sono diventati Patrimonio Unesco nell’anno 2000. Nel resto del vecchio continente la European Route of Industrial Heritage raggruppa i più importanti musei minerari inseriti in un percorso turistico di cui fanno parte anche alcuni siti italiani.
Anche le Alpi, luogo fondamentale per l’estrazione di materie prime, stanno valorizzando cave e miniere. La più attiva esperienza è Scopriminiera nel comune di Prali, in Val Germanasca, dove l’estrazione del talco, che continua tuttora, iniziò intensivamente a metà dell’800. Il museo è nato nel 1998 nelle gallerie Gianna e Paola, abbandonate pochi anni prima, che si inoltrano per oltre un chilometro nelle viscere della montagna attraverso un tunnel non più alto di 3 metri, e largo altrettanto. All’ingresso della miniera si prende posto a bordo di un traballante trenino scoperto, a scartamento ridotto, non abbastanza rumoroso per coprire i commenti emozionati dei bambini affascinati dall’esperienza sensoriale di trovarsi in un luogo angusto e buio. Ciascuno, grandi e piccini, indossa un casco da minatore e abbigliamento pesante: anche quando fuori la temperatura è elevata nel tunnel ci sono costantemente 12 gradi e l’umidità penetra nelle ossa. La miniera Paola, il principale cunicolo da cui, per oltre 60 anni, generazioni di minatori hanno estratto talco, permette di immaginare davvero l’esperienza del lavoro sotto terra, ascoltando in registrazione i suoni e i rumori che la animavano, osservando come si preparava una carica di esplosivo e provando cosa vuol dire avere in mano un martello pneumatico. Il tunnel della Gianna è invece un percorso museale sui generis. Qui l’ambiente non è stato rimaneggiato in alcun modo e non ha subito il processo di addomesticamento proprio di un museo. Come veri e propri archeologi industriali si percorre la galleria, così come fu abbandonata nel 1995, a piedi in gruppetti di 8 persone accompagnate dalla guida, fendendo il buio pesto con la luce montata sul casco.
In valle l’apertura di Scopriminiera ha condensato nei cunicoli bui e umidi un ampio patrimonio di memoria e un sentimento di appartenenza condiviso dalla popolazione locale. Non è quindi, semplicemente, la valorizzazione di una risorsa spendibile a livello turistico, bensì il recupero di un elemento identitario e storico comune. La maggior parte delle guide che accompagnano i visitatori a Scopriminiera sono giovani valligiani, spesso studenti universitari, che introducono nel racconto il vissuto dei loro nonni lavoratori in queste gallerie.
Simone Bobbio

Info: www.scopriminiera.it