Le perturbazioni di metà dicembre hanno scongiurato il rischio di vacanze di Natale senza neve in molte stazioni sciistiche delle zone prossime ai confini con la Savoia e la Svizzera, ma in molte località alpine, dal basso Piemonte al Friuli, passando per le stazioni di quota medio bassa di Lombardia, Veneto e Trentino, gli operatori aspettano speranzosi neve e turisti. Con le basse temperature i cannoni da neve sono entrati in funzione a tutto spiano. La neve artificiale (o programmata, come viene spesso chiamata) può servire a integrare la copertura, ma da sola non riesce a sostituire la neve naturale. E anche se potesse, con quali costi? Nelle scorse settimane in Tentino, presso la stazione sciistica di Folgaria, un elicottero ha fatto la spola per trasportare la neve dal fondovalle alle piste ancora completamente spoglie. In Piemonte la Regione dal 2007 eroga un contributo pubblico di circa due milioni e mezzo di euro a favore della Società Sestriere S.p.a (dove gli impianti sono di proprietà regionale) allo scopo di garantire l’innevamento artificiale. Per non penalizzare le altre stazioni – anche quelle ricostruite di recente con grande spiegamento di risorse pubbliche, come St.Grée di Viola nelle Alpi Liguri, a quote piuttosto basse dove la neve è tutt’altro che garantita – la Giunta regionale sta lavorando per finanziare ovunque l’innevamento artificiale.
Non c’è dubbio che il turismo dello sci su pista costituisca una risorsa economica vitale per molte valli alpine. Ma se tale economia viene a dipendere in tutto e per tutto dai capricci del meteo – chiamiamoli capricci, ma sappiamo bene che il cambiamento climatico è una cosa seria – sarebbe forse giunto il momento di pensare perlomeno a differenziare l’offerta turistica per limitare gli effetti devastanti sull’economia in ogni inverno in cui la neve tarda ad arrivare o non arriva affatto. Secondo una ricerca dell’OCSE, per il 91 % degli attuali comprensori sciistici delle Alpi la presenza di neve naturale (senza innevamento artificiale) può essere considerata certa. Con un aumento medio di 1°C questo valore si abbasserebbe al 75 %. Con +2°C la certezza riguarderebbe soltanto il 61 % dei comprensori e con +4°C solo il 30 %. Ciò significa che in futuro il turismo sciistico si concentrerà sui comprensori migliori; quelli situati in zone prealpine saranno più rapidamente e maggiormente soggetti a mancanza di neve rispetto ai comprensori situati in alta montagna.
Ogni euro investito in innevamento artificiale non fa che rafforzare la dipendenza dal turismo sciistico invernale. La CIPRA chiede da tempo che cessino i finanziamenti pubblici all’innevamento e che questi vengano invece concentrati su interventi a lungo termine e orientati a favore di un turismo distribuito su tutto l’arco dell’anno. Occorre da un lato ridurre la dipendenza unilaterale dal turismo sciistico e dall’altro la dipendenza dal turismo invernale. Per il primo obiettivo le alternative si basano su offerte sia legate alla neve come ad esempio camminate sulla neve, escursioni con le racchette da neve, slittino, ecc., sia indipendenti dalla neve come il turismo della salute, culturale, enogastronomico e convegnistico. Per il secondo obiettivo si tratta di creare una base stagionale più ampia per il turismo, ossia di incrementare il turismo estivo (compresa la stagione primaverile e quella autunnale, spesso del tutto trascurate). Qualcuno ci sta già provando, altri saranno costretti a farlo.
Francesco Pastorelli
Per maggiori info: http://www.cipra.org/it/alpmedia/dossiers/20/?set_language=it