Il professor Andrea Cavallero, docente del Dipartimento di agronomia, selvicoltura e gestione del territorio presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino, si occupa da oltre 25 anni di gestione dei pascoli, ricercando soluzioni ottimali per aiutare l’allevamento in montagna, la valorizzazione delle zone marginali, la pianificazione territoriale e l’utilizzo sostenibile del territorio. Nel corso della sua lunga carriera è stato autore di più di 120 pubblicazioni tra libri e articoli su riviste specializzate e responsabile di decine di progetti di ricerca sulle terre alte.
La persona giusta quindi a cui chiedere: qual è l’importanza della ricerca, secondo il punto di vista della sua disciplina, nella gestione del territorio?
«È fondamentale per ottenere un contributo conoscitivo sulle risorse pastorali – spiega il docente –. Ad esempio, in un lavoro durato un quinquennio e culminato con un’importante pubblicazione dal titolo “I tipi pastorali delle Alpi piemontesi”, il mio dipartimento ha censito le diverse realtà pascolive dell’arco alpino piemontese per localizzarle, descriverne le caratteristiche vegetazionali e ambientali e interpretarne il determinismo». Non solo teoria, ma tutte nozioni fondamentali ai fini pratici per stabilire, spiega il professore, la caratterizzazione dei prodotti derivati con lo studio delle differenti filiere produttive, o addirittura l’individuazione di percorsi gestionali per la conservazione delle vegetazioni pastorali e dell’ambiente montano.
«Per capire come conservare questa diversità all’interno dei prodotti che derivano dai pascoli – continua Cavallero –, abbiamo studiato le relazioni tra le caratteristiche botaniche e chimiche dei diversi tipi di vegetazione pastorale e i prodotti che ne possono derivare. Con l’obiettivo di individuare, per la prima volta, una diretta connessione tra un prodotto, una vegetazione e il suo territorio di origine, esaltandone le caratteristiche di unicità e di diversità. Il lavoro è solo all’inizio e sono decine sulle Alpi le filiere produttive che meritano uno studio approfondito “dall’erba al formaggio”. E anche alla carne».
A che pro? Verrebbe da domandarsi. È presto detto: perché il valore aggiunto dei prodotti di montagna, rispetto a quelli di pianura, è proprio la diversità che deriva dalla molteplicità delle risorse e dalle tecniche di trasformazione attuate. Mentre l’agricoltura di pianura cerca di diminuire la diversità e omologare i prodotti per ridurre i costi, i produttori di montagna hanno un’unica strada possibile per restare sul mercato: fare prodotti di qualità, molto caratterizzati, facendoli ovviamente “pagare il giusto prezzo”. «Purtroppo oggi si assiste a un abuso dell’immagine del prodotto montano – spiega il professore – ed è difficile stabilire l’autenticità di un prodotto. Quando compriamo un prodotto caseario al supermercato, spesso ci vengono presentate immagini alpine per promuoverne l’acquisto. L’unico modo per proteggere i veri prodotti montani è delimitarne gli areali di produzione, a partire da quelle risorse foraggere che ne sono la base produttiva».
Ma c’è di più. Perché la ricerca sulle risorse pastorali che l’Agroselviter (acronimo di Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio) conduce da anni, non è un prodotto riservato a chi si occupa di pratiche sulla corretta gestione dei pascoli e allo sviluppo sostenibile dei prodotti derivati, ma interessa anche chi si occupa di agricoltura, gestione forestale e addirittura di turismo. «Apparentemente, le diverse attività che interessano la montagna sono scollegate tra loro – conlcude Andrea Cavallero –. Attività agricole, pastorali, forestali e turistiche sembrano sfruttare porzioni di territorio diverse. Ma poco alla volta – attraverso gli studi dell’Agroselviter, nda – ci siamo accorti che il paesaggio costituisce un elemento trasversale, dipendente da tutte queste attività. Ed è il paesaggio a rappresentare un elemento di richiamo, ad esempio, per il turista. Siccome le attività pastorali costituiscono un fattore fondamentale per la conservazione del paesaggio, di conseguenza lo sono anche per le altre attività».
Maurizio Dematteis