«Dell’esperienza delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 mi è rimasto il rammarico di non essere riuscito a impedire la costruzione della pista da bob a Cesana Pariol», racconta Valentino Castellani, ex sindaco del capoluogo piemontese, a cinque anni dall’evento sportivo. «Per un malinteso senso di orgoglio nazionale si è presa una decisione nefasta. Sono stati rovinati gli splendidi prati della località Pariol di Cesana e si sono spesi 110 milioni euro, in un’opera che vivrà ancora un certo numero di anni in perdita e poi verrà inevitabilmente smantellata».
Eppure le alternative erano state presentate. Più o meno fantasiose. Ma qualcuno non ne ha voluto sapere: la pista da bob doveva essere italiana. «La prima ipotesi al momento della candidatura di Torino era costruire la pista da bob sul versante nord della collina di Superga. Perché impianti di quel tipo sono fortemente invasivi, sono piste di Formula 1 su ghiaccio, che mal si conciliano con la montagna». L’“ipotesi Superga” fu prontamente bocciata. Poi venne l’“ipotesi Beaulard”, anch’essa bocciata per via di una frana in movimento che avrebbe compromesso l’opera. Infine venne individuato Juvenceaux, sopra Oulx. Ma ben presto anche in questo sito sorsero dei problemi: «Ricordo bene quel momento: era il febbraio del 2002 ed eravamo tutti a Salt Lake City a vedere le ultime olimpiadi invernali prima delle nostre. Mi arrivò una telefonata per informarmi che il sito individuato a Juvenceaux aveva forti concentrazioni di roccia amiantifera. Dovevamo ricominciare da capo e individuare un altro sito. Il giorno dopo avrei dovuto presentare i piani di Torino 2006».
A questo punto l’idea geniale: effettuare le gare di bob e slittino presso l’impianto di La Plagne, costruito nel 1992 in occasione delle olimpiadi di Albertville nella vicina Francia, a non più di 90 chilometri dalla Valle di Susa. «Ne parlai immediatamente con Mercedes Bresso, allora presidente della Provincia di Torino – continua Castellani – che si disse favorevole. Ma Enzo Ghigo, allora presidente della Regione, e i sindaci della Valle di Susa si opposero immediatamente. Dissero che se non si fosse fatta la pista in valle la Valle avrebbe perso una parte di olimpiadi». Mancava ormai meno di un mese alla chiusura del progetto, e l’ex sindaco torinese si recò a Roma a discutere la questione presso il Governo centrale. «Quando presentai l’ipotesi La Plagne l’allora Ministro Franco Frattini rispose con fermezza che l’impianto doveva restare in Italia. E i rappresentanti del Coni sostennero che l’Italia non poteva non avere un impianto di bob e slittino, dal momento che quello di Cortina sarebbe stato chiuso a breve».
Venne individuato il sito di Pariol, nel Comune di Cesana. Dove la pista venne “finalmente” costruita. «Ma non è finita – conclude Valentino Castellani –. Dopo il danno la beffa: si sapeva fin dall’inizio che gli impianti di questo genere non sono economicamente compatibili. Quello di Pariol ha circa 300 milioni di euro di deficit all’anno. Ma sembrava che il Coni, con le sue dichiarazioni, si impegnasse a sostenerlo, facendone un centro nazionale da sostenere con promozione e finanziamenti. Invece la struttura è rimasta sul groppone degi enti locali piemontesi. E dalle informazioni che mi arrivano dai responsabili della Fondazione post olimpica il Coni si è totalmente defilato».
Maurizio Dematteis
E’ UNA VERGOGNA.DESCRIVERE LA VERA STORIA DELL’IMPIANTO NON BASTA.DOPO 14 ANNI BISOGNEREBBE CONOSCERE ANCHE I NOMI DEI VERI RESPONSABILI: TECNICI , POLITICI DI VARIE ESTRAZIONI lcali ecc. Ma soprattutto le ragioni che hanno provocato il dissesto finanziario dell’ente gestionale e delle aziende costruttrici .