Per i torinesi l’acqua del Pian della Mussa è un mito, tanto che si vede ancora gente in coda alle fontane (i toret) che si illude di portarsi a casa il prezioso liquido. In realtà l’acqua di Balme ha avuto molti beneficiari nel corso del tempo, che ne hanno sfruttato la potenza dapprima ad uso irriguo e come forza motrice per mulini e segherie, quindi, un secolo fa, per dotare il paese dell’energia elettrica e poi, recentemente, per l’utilizzo commerciale derivante dall’imbottigliamento di alcune sorgenti.
Nel frattempo si sono sovrapposti gli interessi esterni, con il prelievo intrapreso dal Municipio di Torino per convogliare in città le acque della Ciamarella ad uso potabile e, di recente, anche lo sfruttamento a fini energetici attraverso l’avvio della centrale di Balme. Ma la gente del posto sostiene che le operazioni non hanno prodotto effetti economici di rilievo per il territorio.
Ecco il senso della recente proposta dei balmesi: «Adesso facciamo da noi». Il progetto del comitato locale garantirebbe allo stesso Comune di diventare parte attiva nella fase progettuale e autorizzativa dell’opera, in cambio di una consistente percentuale sull’utile da concordarsi tra le parti. Ad attività avviata, si confida che i benefici effetti della captazione di acqua a uso idroelettrico possano innescare un processo di iniziative pubbliche e di manutenzione ambientale capaci di attivare un circuito imprenditoriale e sociale virtuoso, indirizzato innanzi tutto alla creazione di energia rinnovabile.
Il tratto interessato del fiume Stura di Ala, che si trova a monte del capoluogo, consente di ridurre al massimo la dimensione dei cantieri, prevedendo, oltre alle opere di captazione e alla condotta da interrarsi per buona parte nel tracciato di una pista già esistente, l’installazione delle turbine e dei relativi dispositivi all’interno di un edificio di proprietà comunale, senza la necessità di nuove costruzioni. Inoltre la partecipazione dei residenti e degli artigiani locali nella costruzione e nella gestione dell’impianto garantirebbe una ricaduta economica ed occupazionale rilevante per le famiglie del villaggio.
Enrico Camanni