Il Parco Naturale delle Alpi Marittime è il più esteso parco piemontese e uno dei più vasti d’Italia: insieme al Parco del Mercantour protegge 100.000 ettari di territorio a cavallo delle Alpi. Nel corso di trent’anni il ruolo e le competenze dei parchi si sono trasformati e ampliati: ai tradizionali compiti di conservazione, tutela e sensibilizzazione in materia ambientale si sono aggiunte altre finalità, che fanno dei parchi autentici fattori di sviluppo economico e culturale dei territori. Il Parco delle Alpi Marittime ha recepito i cambiamenti nello statuto e nei fatti. In trent’anni di attività, dopo aver vinto l’iniziale, inevitabile diffidenza di alcuni, ha saputo costruire un lungo percorso di dialogo e collaborazione con gli amministratori locali e con la popolazione delle valli, che ha già dato i suoi frutti. Soltanto un paziente lavoro ha reso possibile non solo la realizzazione di strutture grandi e impegnative come il Centro faunistico “Uomini e Lupi”, ma anche la gestione di parcheggi, aree attrezzate, recettive e centri visita attraverso la società in house Gesam. Il processo di coinvolgimento della popolazione ha interessato tanto gli esercenti, riuniti nell’Associazione Ecoturismo In Marittime, quanto le persone comuni, protagoniste o spettatrici di un piccolo “rinascimento” culturale valligiano innescato dal Parco. Il recupero e la valorizzazione di colture e prodotti tradizionali, l’interesse per il recupero della cultura montanara promossi dal Parco sono stati l’occasione per progetti di ricerca nati e seguiti dai valligiani e sfociati in eventi e pubblicazioni.
È un vero peccato che i tagli apportati dalla Regione Piemonte rischino di togliere a queste e a molte altre iniziative già collaudate le gambe per camminare. Si tratta di tagli sul bilancio, tanto più gravi in quanto effettuati a fine anno e dunque a spese già fatte, che a oggi mettono il personale del Parco nell’imbarazzo di lavorare centellinando le risorse della cancelleria e con un numero di autovetture ridotto. Ma non è solo e non è soprattutto questione di tagli: le recenti modifiche alla legge regionale 19/2009 “Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità” evidenziano una tendenza della Regione all’accentramento gestionale, a scapito delle amministrazioni locali e dell’Ente Parco. La Regione di fatto eserciterà un maggiore e più stretto controllo sulle attività dei parchi, sia a livello di gestione politica, sia dal punto di vista pratico e amministrativo: la nomina regionale del Presidente del Parco ne è la cifra esemplare. Mentre in tutta Europa si va affermando la linea di affrontare la gestione ambientale tramite un approccio partecipativo, locale, dal basso, la Regione accentra su di sé maggiori competenze, esautora le amministrazioni locali e gli enti parco. Senza distinguere tra realtà virtuose e realtà critiche, si rischia di incrinare con un solo provvedimento trent’anni di faticoso lavoro di sensibilizzazione e costruzione di rapporti di reciproca fiducia con le popolazioni residenti all’interno delle aree protette, ignorando il fatto che la partecipazione attiva degli abitanti è la condizione perché si sviluppi un senso di appartenenza e di responsabilità nei confronti del proprio territorio.
Irene Borgna