Il Pagarì è una leggenda tra i camminatori “perché è alto, perché è lontano, perché è faticoso da raggiungere – ma più che altro perché nonostante tutto ne vale la pena”, si legge su un forum di escursionismo. Il rifugio fa capolino a 2630 metri slm, al termine di un sentiero che parte da San Giacomo di Entracque e si snoda per oltre 13 km su un dislivello di 1420 metri. Mercoledì 15 settembre, il gestore, Andrea Pittavino detto Aladar, siede sulla soglia al sole tiepido dell’autunno imminente. È l’occasione giusta per farsi raccontare l’avventura di un rifugio che è quasi perfetto, perciò «bisogna ancora darsi da fare per renderlo migliore». Il Pagarì ha richiesto la certificazione Ecolabel, marchio europeo di qualità ecologica: un punto di arrivo per molti, in questo caso piuttosto un’occasione per veder riconosciuto quanto fatto fino a oggi e un punto di partenza per progetti più ambiziosi. Più ambiziosi del produrre due ottime birre (la Pagarina bionda e quella ambrata) a oltre 2600 metri di quota? Più di internet al rifugio, più delle mappature gps dei sentieri a disposizione dei clienti a partire dalla prossima stagione? Ambiziosi al punto tale che Aladar ha pudore a parlarne. Racconta invece volentieri degli sforzi fatti in diciannove anni di gestione per mantenere il rifugio in equilibrio sull’Alpe: la limitazione a un solo carico d’elicottero l’anno, l’impiego di detersivi ecocompatibili, la ricerca della massima efficienza energetica, l’autoproduzione di pane e dolci, la selezione di ogni ingrediente in base a criteri di qualità, prossimità dei siti di produzione e garanzie sui diritti dei lavoratori. «La dispensa totalmente biologica è un traguardo ancora da raggiungere», precisa Aladar, e un altro cruccio rimangono le batterie al piombo dei pannelli solari, inquinanti e difficili da smaltire. Il gestore del Pagarì è così: puntuale nei dati, mai trionfalistico, sincero. Non un profeta della sostenibilità. Uno che trasforma l’idea in pratica ogni giorno, da giugno a ottobre, cucinando, riscaldando, accogliendo i visitatori in un rifugio che punta a pesare sempre meno sulla montagna.
Irene Borgna