Si è tenuto ad Aosta lo scorso 5 ottobre il convegno “Architettura alpina ed energia. Sostenibilità tra innovazione e tradizione”, incontro di presentazione dello stato di avanzamento del progetto AlpHouse. Il progetto – che coinvolge diverse realtà europee – ha l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione e di favorire lo scambio delle conoscenze tra le istituzioni, i professionisti e le imprese che operano nel settore edile, al fine di coniugare la progettazione e la realizzazione di opere finalizzate all’ottimizzazione energetica con la tutela dei beni storico-culturali.
L’iniziativa muove da una domanda centrale per chi si occupa in senso lato di edilizia e di architettura nell’ambito del contesto alpino, ovvero se sia possibile conciliare le ragioni del risparmio energetico con quelle della conservazione e della valorizzazione di quell’eccezionale patrimonio storico costituito dalle architetture e dai paesaggi montani tradizionali.
Come hanno sottolineato molti degli interlocutori del convegno, una strada perseguibile sta forse nel guardare al problema da un altro punto di vista, andando oltre la riduttiva e banale prospettiva della mitigazione dell’impatto o della mimesi come soluzioni per l’inserimento di nuove tecnologie.
Ciò che emerge in modo sempre più evidente è invece che stiamo vivendo un’epoca in cui l’architettura – quella alpina in particolare – si trova a dover far fronte a problematiche del tutto analoghe a quelle del passato: ottimizzazione della morfologia del sito, ottimizzazione dell’apporto solare, protezione dalla rigidità del clima, necessità di migliorare l’isolamento degli edifici, il tutto in una condizione generale di scarsità di mezzi e di risorse. Se da questo punto di vista le condizioni al contorno risultano essere le stesse, allora è importante tornare a guardare alle antiche tradizioni costruttive non per riproporre in modo posticcio gli stilemi dell’architettura locale, ma per operare una sorta di trasferimento di saperi utile a chi costruisce oggi in montagna.
Preferire dunque soluzioni volte al risparmio – energetico, di suolo, di risorse – piuttosto che protesi e superfetazioni tecnologiche (come il fotovoltaico, ad esempio) che non risolvono il problema alla radice creando per contro notevoli complicazioni dal punto di vista dell’integrazione con l’architettura e con il paesaggio.
Roberto Dini