Di Cesare Emanuel
Come indicato nel contributo introduttivo che delinea il percorso che la Regione Valle d’Aosta (VdA) ha intrapreso per la contemporanea revisione del Piano territoriale e paesistico (PTP) e della legge urbanistica regionale a Dislivelli è stato richiesto di redigere un’analisi socio-economica destinata a definire un nuovo assetto territoriale della Regione da proporre come trama per chi sarà incaricato della stesura dettagliata del Piano nonché di definire talune delle condizioni che assicurano l’abitabilità diffusa e dunque il ripopolamento della montagna (Le analisi compiute da Dislivelli sono state raccolte nel Dossier n. 6 della “Definizione degli indirizzi strategici per la riforma della Pianificazione Territoriale e Paesaggistica Regionale” in cui la Regione ha raccolto tutto il materiale preparatorio per la revisione del PTP e della legge urbanistica regionale; esse sono l’esito di un gruppo di lavoro formato da: Prof. Cesare Emanuel (Referente scientifico), Prof. Giuseppe Dematteis, Prof. Gianfranco Spinelli e Dott. Maurizio Dematteis).
Trattandosi di una analisi socio-economica gli esercizi compiuti hanno assunto a riferimento i dati comunali dei censimenti Istat delle attività economiche e della popolazione unitamente ai risultati delle consultazioni che la Regione ha avviato con un nutrito gruppo di soggetti ed enti pubblici e privati per raccogliere giudizi e valutazioni sulle più recenti iniziative che la stessa Regione ha intrapreso, catalogare bisogni sociali e attese finora inespresse, inventariare progetti in corso o in programma con l’obiettivo di farli convergere nelle indicazioni che il PTP è chiamato a fornire per rilanciare, anche attraverso il territorio, l’economia e la società regionale, intercettare le opportunità che si profilano, preservare i punti di forza e intervenire sulle minacce esterne e sui punti debolezza interni.
Il lavoro compiuto da Dislivelli in ragione dello specifico taglio tematico richiesto, pur non escludendoli, tiene sullo sfondo gli aspetti ambientali, paesaggistici ed anche urbanistici che oggi, a seguito dei cambiamenti climatici e delle ricorrenti crisi ambientali, impongono, soprattutto in montagna, confronti, e misure, sempre più stringenti con i temi della mitigazione, dell’adattamento e della salvaguardia. Come avverte il programma redatto dalla Regione gli esiti attesi da questo lavoro andranno, nell’ambito dell’avanzamento della stesura del piano, commisurati a queste priorità ormai non più eludibili.
Operativamente l’iter seguito prende le mosse dall’esame dei cambiamenti socioeconomici che si generano alle scale macroregionali, delinea il loro riverbero sul contesto locale ed individua, anche in relazione con le dinamiche evolutive e le caratteristiche del contesto, gli ambiti territoriali maggiormente coinvolti; interfaccia questi risultati con le aspettative, i programmi e le attese espresse dalle componenti sociali consultate per individuare i temi e gli aspetti territoriali ritenuti meritevoli di essere ulteriormente approfonditi; delinea infine le missioni assegnabili ai diversi ambiti territoriali di intervento e propone un modello di organizzazione regionale che identifica le sue componenti nei nodi e nelle relazioni di un sistema complesso che non si limita a quello generalmente ordinato e coordinato dal primato di pochi centri.
Correda questo programma l’idea forza soggiacente; ovvero che il PTP per rapportarsi organicamente con gli obiettivi generali richiamati, debba considerare il territorio regionale come un tessuto connettivo unitario e policentrico, sostenuto da una rete di relazioni che valorizzi le diversità locali e la loro complementarietà, in accordo con le strategie nazionali e comunitarie dello sviluppo sostenibile adottate dalla Regione a partire dal 2023.
L’analisi territoriale e i risultati ottenuti
L’idea forza e la sua efficacia operativa sono scaturite non solo dal dibattito e dagli avanzamenti apportati dalla geografia e dall’urbanistica sui temi del policentrismo urbano e territoriale (e di cui anche questa rivista già nel n. 257 del 2014 si è fatta carico di proporre e veicolare), ma altresì dalle dinamiche territoriali che si vanno configurando nella macroregione a cui la VdA appartiene e dai riverberi che le stesse dinamiche manifestano nel contesto locale.
Proprio lo sviluppo di queste analisi hanno messo in luce come tanto nel contesto nazionale quanto nei territori francesi e svizzeri posti al di là dei confini regionali abbia preso avvio un processo di crescita e di sviluppo selettivo che torna non solo a privilegiare il protagonismo degli epicentri metropolitani e dei corridoi urbani che li collegano all’interno delle aree regionali più dinamiche, ma, anche, ad ampliare i divari con quei contesti che ancora faticano a riconvertire le proprie economie e/o a liberarle dalle pesanti impronte lasciate dalla fase del fordismo; è questo, in particolare, il caso del N-O italiano quando da questa realtà si sottragga la Lombardia i cui primati risultano ormai organicamente condivisi con il N-E e l’Emilia piuttosto che con il resto del ormai superato “triangolo industriale”.
Questo ridisegno generale, favorito anche dai nuovi tracciati ferroviari su cui si indirizzano ormai buona parte dei flussi intermodali delle merci e delle persone a scala europea e intercontinentale, si riverbera sulla regione valdostana determinando, da un lato, lo spostamento di parte dei traffici che finora convergevano sui suoi valichi, e, dall’altro, il rallentamento delle dinamiche della sua integrazione con i contesti dello sbocco padano, svizzero e francese; similmente ad incidere sul potenziale degli apparati economici e produttivi in essa insediati o insediabili.
Talune delle sue debolezze “storiche” si vanno così trasformando in vere e proprie criticità riconducibili al declino demografico in atto e alla contrazione delle risorse umane indispensabili per sostenere lo sviluppo (Rosina 2021), al rallentamento dei processi evolutivi responsabili della diversificazione e del rinnovamento della base produttiva e, infine, alla limitata diffusione dei processi innovativi nell’ambito dell’economia regionale (Regione Valle d’Aosta 2022).
Entro questa cornice il turismo benché trovi difficoltà a condividere i moltiplicatori di offerta e la creazione di valore con attività complementari proposte da altri settori dell’economia, rafforza la sua funzione trainante sull’occupazione e sulla crescita dei volumi di domanda: operanoa favore di queste performance sia le autonome capacità professionali acquisite dagli operatori locali, sia l’ingente dotazione di impianti e attrezzature destinate alla pratica dello sci e degli altri sport della neve, sia, ancora, il richiamo esercitato dai patrimoni (materiali e immateriali) e dai valori (storici, ambientali e culturali) che assicura la montagna valdostana.
La proiezione di questi processi sull’assetto territoriale che nel tempo si è consolidato – e che consente di associare l’insediamento della VdA con un impianto costituito da un robusto asse vallivo centrale su cui converge quello, assai più debole e discontinuo, di un nutrito numero di valli laterali (v. Figura 1) – mette assai bene in luce la distribuzione e la portata locale dei cambiamenti in atto.
Nell’ambito dell’assetto vallivo convergente sull’asse centrale si attenua la forza dei centri che costituiscono “il piede” delle valli laterali; essi pur costituendo le nervature infrastrutturali del collegamento intervallivo “faticano” nel sostenere il riadeguamento dell’offerta dei servizi derivante dal mutamento qualitativo e quantitativo della domanda e, soprattutto, a garantire la tenuta della produzione, e dell’occupazione, manufatturiera decentrata; sullo stesso asse centrale si manifesta la crescita e la concentrazione della popolazione, delle attività e delle funzioni nel solo perimetro di Aosta e dei comuni contermini della pianura (la “Plaine”) che circonda la città configurando la formazione di un’agglomerazione che accentua il suo primato sul resto del territorio; lungo le valli laterali tengono e si rafforzano solo i centri apicali o “di testa”. Si tratta qui di un novero di stazioni turistiche di alta quota il cui successo è dovuto alla qualità e alla quantità dell’innevamento ed al valore storico e simbolico che hanno assunto i massicci alpini più alti d’Europa; questi centri tuttavia stentano a stabilire occasioni e reciprocità stabili con quelli contermini della media montagna e delle valli minori non ancora pienamente investite dal flusso turistico.
In sintesi, da questi risultati si dimostra come nell’ambito regionale le spinte centripete del ricambio in atto alle scale sovranazionali determinino, pur con diversa intensità, diffusi cambiamenti negli usi e nella fruizione dei contesti locali ed in particolare concorrano a far convergere sulla sola agglomerazione urbana di Aosta e sui centri apicali delle principali vallate alpine i fattori e le spinte della crescita qui attivabile.
Una significativa immagine aggiuntiva di questi cambiamenti destinata ad approfondire i differenziali interni, si svela qualora la Regione venga dissociata dal semplice concetto di area, o zona geografica, e la si riconduca sotto quella di un organismo territoriale (Vallega 1995) composto di testa e corpo: in questa prospettiva a flettere risultano soprattutto le realtà comunali che costituiscono il corpo e a cui sono riconducibili non solo le località che, essendo dotate di un patrimonio ambientale, agricolo e culturale ancora vissuto dagli abitanti, sono percepite come «cuore» e «anima» identitaria della montagna aostana, ma anche quelle poste lungo il corridoio vallivo compreso tra l’agglomerazione aostana e il confine piemontese che in larga misura avevano ospitato e sorretto la fase dell’industrializzazione e della territorializzazione regionale pre e post-bellica.
Dall’analisi alla definizione di un nuovo modello di sviluppo unitario e policentrico del territorio valdostano
Anche nel caso della VdA quando si abbandonino gli esercizi volti alla ricerca e all’interpretazione dei cambiamenti in atto e si passi, gettando lo sguardo in avanti, a definire quelli che possono delineare il disegno di un possibile di assetto territoriale per il tempo a venire, appare fin da subito evidente come le conoscenze e le rappresentazioni prodotte sostengano non solo la fondatezza dell’idea forza, ma rendano anche manifesto come lo sviluppo della Regione non possa più solo dipendere dalla semplice valorizzazione delle risorse e delle opportunità che essa è oggi in grado di offrire: cruciali si prospettano le innovazioni, gli interventi e gli investimenti che, in prospettiva, possono arricchire, o anche cambiare, le qualità attrattive del territorio.
Queste considerazioni, che portano in primo piano l’esigenza di un deciso ri-orientamento dei fattori e delle condizioni che determinano la produzione del valore e del vantaggio competitivo dei territori, hanno trovato in questo lavoro un efficace referente logico nel concetto di “riammagliamento” già richiamato anche dai contributi contenuti in Karrer (2018) e Talia (2020); nel nostro caso esso sottende non solo una più equa distribuzione dei luoghi di convergenza delle attività produttive, delle residenze, dell’offerta dei servizi e delle occasioni di svago e consumo del tempo libero, ma anche una ricomposizione delle relazioni connettive locali, (tra i centri principali e i loro territori di prossimità), intraregionali (tra gli stessi centri principali, ed in particolare tra quelli che costituiscono le teste di valle e quelli posti lungo quella principale) e, infraregionali (tra questa maglia e quella dei centri esterni con cui si attivano complementarietà e valori di scambio sulla base delle potenzialità dei rispettivi milieu) cosicché sia l’intera regione a ritrovare la sua unità e il suo funzionamento sistemico.
In particolare la convinzione di non recedere da questa indicazione, ritenuta un tramite di collegamento assai significativo tra gli aspetti analitici e quelli progettuali, ha progressivamente consentito di individuare i capisaldi del progetto a cui questo lavoro è destinato e di precisare il percorso e le tappe per portarlo a compimento.
Anche solo ponendo a confronto taluni dei contenuti che contrassegnano il concetto di riammagliamento con la rappresentazione dell’assetto regionale che invece scaturisce dalle analisi si evince come il progetto debba imprescindibilmente far perno su:
- una maglia relazionale di tipo reticolare, assai più aperta e interdipendente di quella che si ricava dalle analisi compiute tanto dentro quanto fuori dai confini regionali, a beneficio della coesione e dell’intensificazione dei flussi di scambio;
- una trama di nodi, che ricondotti analogicamente ai Comuni o a insiemi di Comuni e differenziati sulla base delle loro dotazioni (insediative, ambientali, storico-culturali, agricole, manifatturiere, terziarie, turistiche, ecc..), si configuri come un mosaico di centri generatori di occasioni e/o iniziative nelle quali proprio le suddette specificità possano essere trasformate dai soggetti e dalle istituzioni locali in potenzialità e in valori “spendibili” sia nei rapporti con i territori vicini e lontani, sia nelle relazioni che cementano la coesione sociale e la formazione delle reti connettive locali;
- un definitivo riconoscimento dello status di organismo al territorio valdostano che, a compendio di quello già richiamato per definire la testa e il corpo, elegga i nodi a componenti attive della vitalità, dell’identità e della capacità evolutiva regionale;
- una filiera di interventi capaci di configurarsi come “opere territoriali” generatrici di relazioni retroagenti su tutti i nodi affinché in essi si attivino le condizioni idonee per proporsi come ambiti propulsori di processi di sviluppo locale.
Si desume da qui come il concetto di riammagliamento contribuisca non solo a riordinare talune delle premesse logiche poste a fondamento della lettura dei processi di territorializzazione dello sviluppo regionale, ma, nell’ambito del progetto, contribuisca anche a sottrarre gli interventi urbanistici e territoriali dall’idea corrente secondo cui essi corrispondono ainiziative circoscritte e puntuali, i cui effetti si riverberano unicamente nel contesto locale, siano raggruppabili per semplice sommatoria o per sovrapposizione settoriale e vengano sanciti unilateralmente con procedure predefinite messe in capo a specifici attori istituzionali e/o professionali.
Attraverso questo approccio agli interventi viene quindi richiesto di esercitare pronunciati effetti leva sulla determinazione degli ordini e delle sequenze che generano le priorità d’azione, sulla produzione del valore aggiunto territoriale (VAT) che contribuisce ad attivare i processi di sviluppo locale (Dematteis,2001) e sulle relazioni generatici della governance e del coordinamento tecnico indispensabili per attuarli.
I passaggi operativi per definire il modello
Tre passaggi operativi riconducibili: a) alla individuazione delle attese e degli orientamenti sociali auspicati per sollevare la regione dalle criticità che la attraversano; b) alla definizione dei processi territoriali che possono innescare la transizione dalle condizioni in essere a quelle attese; e, c) al riconoscimento dei nodi e delle funzioni che dovrebbero assicurare l’orditura territoriale indispensabile per l’attivazione dell’unità regionale unitamente alle iniziative in cui i soggetti e le istituzioni sociali ravvedono la possibilità di valorizzare le potenzialità del loro contesto, hanno contribuito a delineare una specifica declinazione valdostana al concetto di riammagliamento.
Il primo passaggio operativo è scaturito dall’esame degli esiti delle consultazioni che la Regione ha avviato con l’obiettivo di individuare i suggerimenti, le attese e i progetti (in corso di approvazione o già in cantiere) che sono ritenuti utili ad innescare il cambiamento regionale.
Le informazioni raccolte pur derivando da valutazioni e/o da approcci di natura settoriale hanno offerto indicazioni significative per legittimare la validità dei risultati fin qui conseguiti.
Da queste indicazioni infatti compare in prima istanza la richiesta di intraprendere iniziative volte a scongiurare il declino demografico regionale, lo spopolamento dei piccoli e piccolissimi comuni e ad incoraggiare la gestione attiva dell’ingente patrimonio ambientale e culturale in essi depositato, e che proprio lo spopolamento potrebbe condurre al definitivo oblio.
Corredano questi suggerimenti le richieste unanimemente avvertite del potenziamento della mobilità sui tracciati del pendolarismo casa-lavoro e casa-servizi sociali quali sono quelli rivolti alla salute, alle occasioni che incentivano la socialità e l’incontro, l’apprendimento e la formazione delle professioni esercitate nei borghi più isolati, l’innovazione delle specializzazioni produttive locali nonché la cura e l’apprezzamento ambientale.
Si tratta in questo caso di indicazioni che riguardano iniziative anche minute che, in VdA, attenuerebbero il deficit che caratterizza l’”ultimo miglio” degli itinerari dei residenti ed anche di quelli turistici alternativi a quelli correntemente offerti nella regione.
Intorno al tema della mobilità non possono poi essere sottaciuti gli appelli ad un potenziamento delle interconnessioni tra le linee e tra i diversi vettori del trasporto pubblico regionale, nonché l’ammodernamento della rete ferroviaria, anche in relazione alle potenzialità che essa potrebbe offrire allo spostamento intraregionale.
Queste attese trovano un formidabile aggancio con il tema della ri-territorializzazione del turismo per il quale si richiama la necessità di una maggiore integrazione delle stazioni turistiche con i centri minori di prossimità, o addirittura di valle, capaci offrire le occasioni per la diversificazione del prodotto offerto.
Infine dalla Strategia di Specializzazione Intelligente 2021-2027 redatta dalla Regione (2021) per accedere ai fondi europei vengono esemplarmente richiamate gran parte delle iniziative che dovrebbero essere destinate allo sviluppo e all’integrazione delle filiere produttive e all’”apertura” delle stesse nel contesto sovraregionale: risultano infatti qui inserite le sfide per la diffusione dell’innovazione e per la digitalizzazione; le iniziative per assecondare i processi di collaborazione tra imprese, reti di imprese, Università e centri di ricerca; le iniziative volte a potenziare la localizzazione delle attività manufatturiere in aree industriali attrezzate; l’allestimento di un Polo di Innovazione e di una piattaforma Open Innovation per favorire la nascita di start-up e spin off innovativi ed offrire occasioni al loro consolidamento; la creazione di una zona franca per sviluppare filiere strategiche territoriali, la direzionalità e la R&S più idonea a queste finalità.
Già queste indicazioni configurano spunti significativi per delineare il ridisegno dell’organizzazione territoriale; di seguito, e per brevità, esse sono state ricondotte a temi ed argomenti di approfondimento indispensabili per procedere verso le fasi più avanzate della redazione del PTP:
• La mobilità (oltre l’automobile);
• La residenzialità diffusa e il ripopolamento del territorio periferico;
• L’integrazione e la multifunzionalità delle filiere produttive e dei territori;
• la gestione attiva delle risorse naturali e della tutela della biodiversità;
• La ri-territorializzazione dell’offerta turistica;
• L’apertura e l’integrazione regionale a scala macro-territoriale.
Un secondo passaggio operativo è stato compiuto attraverso la geo-referenziazione delle segnalazioni puntuali emerse dalle suddette consultazioni unitamente alla ricerca della loro correlazione spaziale con i layout cartografici che già permettevano di individuare in Aosta, nell’asse vallivo centrale, nelle teste e nel corpo gli ambiti in cui si riscontravano le principali fragilità o i cambiamenti indesiderati: il collegamento delle due indicazioni ha così permesso di delineare e nominare i processi di transizione auspicabili per intervenire sui trend in atto e riconvertirli verso quelli attesi. I risultati di questi esercizi sono sinteticamente riportati nella tabella seguente:
• Aosta: da centro regionale a polo di agglomerazione e irraggiamento dell’innovazione sociale e produttiva;
• Asse vallivo centrale: da corridoio di attraversamento e di smistamento trasportistico a sistema lineare di snodi urbani;
• Teste: da stazioni turistiche di alta quota a nodi integrati del sistema vallivo e regionale;
• Corpo: da margine a sistema integrato di risorse e di potenzialità vallive.
Il terzo, e ultimo, passaggio operativo è invece destinato a identificare, e a denominare, i nodi che possono essere posti a riferimento dell’orditura regionale idonea ad accrescere lo sviluppo locale e l’organizzazione sistemica della regione.
Ricorrendo ancora una volta ai riscontri statistici e cartografici che evidenziano non solo gli andamenti demografici, ma anche l’occupazione manifatturiera e dei servizi presente nei Comuni viene dimostrato come a questo compito possano concorrere singolarmente, o in forma aggregata, circa 50 di queste unità nelle quali convergono più dei tre quarti della popolazione e delle attività economiche.
Facendo inoltre notare come in questi Comuni si dispieghino quasi per intero i destini del futuro regionale è altresì emerso il convincimento che essi possano essere potenzialmente idonei ad assumere il ruolo di fulcri del riammagliamento quando essi risultino in grado di misurarsi non solo con le loro problematiche interne, che in prima istanza contribuiscono a conservare le loro posizioni acquisite, ma anche con quei fenomeni che sono espressione dei più generali divari presenti alla scala regionale e che in particolare scaturiscono dalla labilità delle relazioni connettive locali, delle relazioni intra e infra-regionali e dal conseguente esercizio di commutazione (Contato 2014) in grado di rendere permeabile l’accesso, di innovazioni, sollecitazioni, stimoli e spinte al cambiamento che provengono dall’esterno e, viceversa, trasmettere e rilanciare le specificità locali e territoriali alle scale superiori.
Con questa prospettiva una diagnosi dei profili funzionali dei suddetti centri posta in relazione con le criticità che questa ricerca ha rilevato nell’ambito regionale ha consentito di individuare nelle funzioni territoriali svolte dai poli, dai nodi e dagli snodi, come sotto definiti, le opzioni progettuali capaci di legare il progetto con gli obiettivi espressi dall’idea forza di partenza.
Questo palinsesto organizzativo appoggiato sulle direttrici portanti del sistema urbano della VdA è rappresentato nella Figura 2 che costituisce il modello della rete policentrica che questa ricerca propone agli estensori del PTP come possibile trama di riferimento per l’ulteriore affinamento delle indagini e/o per il possibile passaggio dello stesso progetto dalla fase identificativa a quella della sua vera e propria formulazione in cui dovranno essere indicati e precisati i mezzi, ovvero i percorsi, gli strumenti e le specifiche tecniche, con cui raggiungere la meta.
Poli, nodi e snodi territoriali: le performance attese
I nodi riconducibili al concetto di polo si identificano con quei centri che, articolati per livelli territoriali, sono in grado di prefigurarsi come i luoghi di convergenza e di offerta delle funzioni direzionali, amministrative, produttive e dei servizi per le famiglie e le imprese.
In essi la funzione commutante si identifica con i valori, o i livelli, territoriali della centralità, della differenziazione dell’effetto urbano e dei connessi vantaggi agglomerativi.
Dal punto di vista progettuale il polo è quindi da intendersi come una opzione, o un’”opera territoriale”, atta a scoraggiare la dispersione episodica dei servizi e delle attività commerciali negli ambiti vallivi della regione; a proporsi come un operatore attivo dello sviluppo locale, della ricomposizione dei luoghi urbani sul territorio e della loro riconoscibilità collettiva; infine a orientare i flussi su “piazze” di offerta attrezzata e coerente con la dimensione della domanda che si genera in ogni centro, nei suoi intorni ed anche con l’entità dei flussi che lo attraversano.
Il polo più rilevante nell’ambito valdostano, come indicato sempre nella Figura 2, è rappresentato dal sistema urbano di Aosta; esso si configura come sede di un governo politico-amministrativo dotato di autonomia finanziaria e decisionale e come il principale sistema locale multifunzionale della Regione capace di esercitare spinte centrifughe foriere di processi di decentramento sui suoi più immediati contorni.
Ad esso va riconosciuta, e potenziata, la capacità di favorire le relazioni con i vicini centri del Vallese e della Savoia; nell’insieme essi risultano in grado di generare flussi di informazioni, merci, persone e investimenti all’interno del sistema territoriale italo-franco-svizzero facente capo ai centri metropolitani di Milano, Torino, Grenoble, Losanna e Ginevra. Anche per questa ragione Aosta può essere definita come polo “metro-montano” (Dematteis 2021).
Ad una considerevole distanza funzionale nella Regione fanno seguito le polarità urbane periferiche che comunque assicurano, oltre a quelle già segnalate, due funzioni importanti: la prossimità dei servizi correnti ed intermedi alla domanda dispersa e l’attenuazione dell’isolamento dei territori ascrivibili al corpo regionale dai tessuti, anche minuti, ma comunque vivi, della centralità.
Assumono l’identità di nodo quelle unità territoriali esterne all’agglomerazione di Aosta che, con un profilo funzionale e prestazionale non dissimile da quello rintracciabile nei centri intermedi delle regioni geograficamente più estese e complesse, presentano una preminente specializzazione nell’ambito del settore turistico.
Rientrano quindi in questa tipologia le grandi stazioni turistiche regionali che si dimostrano già oggi aperte e attrezzate a competere sul mercato nazionale e internazionale del turismo della neve e degli sport invernali; sempre in questa tipologia, ad essi fanno seguito taluni dei nodi turistici minori della regione nei quali si vanno comunque configurando offerte potenzialmente integrabili con quelle delle destinazioni principali a loro prossime e/o prodotti che, benché ancora di nicchia, prospettano nuovi e promettenti mercati di sbocco. Solo nell’agglomerazione di Aosta la denominazione di polo è stata riconosciuta a quelle località su cui convergono le spinte centrifughe, residenziali e terziarie, del capoluogo e gli effetti dell’interconnessione (per ora quasi solamente “tecnica”) delle linee di trasporto che assicurano gli accessi urbani da e per l’esterno.
La dinamica evolutiva dominate nei principali nodi turistici è espressa dalla loro preferenziale integrazione nelle reti e nelle iniziative esterne, ovvero a configurarsi come nodi di reti globali; per contro questi stessi nodi non sembrano incentivare pienamente le potenzialità offerte dal contesto quando esse non corrispondano con gli impianti infrastrutturali, in cui sono compresi quelli di salita e discesa lungo le piste e i versanti alpini, e con i valori ambientali, storici e culturali che costituiscono le doti patrimoniali degli stessi contesti.
Trasformare progressivamente i profili delle loro offerta in “prodotti area” e in organizzazioni che stabiliscono più solidi rapporti con le valli e con l’intera regione a cui appartengono significa non solo accentuare la profondità di gamma delle loro offerte, ma anche operare più stringenti integrazioni e commutazioni funzionali e professionali con il contesto, accrescere la prospettiva distrettuale nell’economia e nella società locale, contribuire a proporre in queste località le valenze e gli effetti urbani, già richiamati, per poli.
Dai nodi vengono distinti gli snodi che, posti al piededelle valli laterali, possono fungere non solo da giuntura di interconnessione insediativa, trasportistica e funzionale con il sistema assiale del fondovalle, ma anche, sfruttando le potenzialità indotte, ad essere eletti a luoghi della produzione e dell’innovazione manifatturiera e dei servizi decentrati nonché da “porte di accesso” ai sistemi locali del corpo e della testata delle valli.
L’attivazione di questa tipologia di nodo nello scenario regionale, in questa ricerca, si configura quindi come una priorità per assicurare lo sviluppo locale e regionale, per accrescere la fluidificazione territoriale dei flussi intervallivi e dello scorrimento intra e infra-regionale, per la riorganizzazione dei servizi e delle attività che annoverano tra i requisiti di localizzazione anche l’interconnessione nodale, ma che finora lungo l’asse vallivo principale trovavano quasi unicamente come alternativa l’arterialità, che di quest’ultima costituisce solo una delle componenti più elementari.
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