«La prima domanda riguarda la montagna stessa: che cosa sono le terre alte nel momento di maggior crisi della modernità?». Emerge chiaramente come la cultura della montagna contemporanea, e di quella alpina in particolare, sia il risultato di molte ibridazioni dovute alla decadenza delle identità tradizionali, al rimescolamento tra vecchi e nuovi montanari, ai rapporti tra città e montagna nel quadro ormai di un’unica metropoli. La cosidetta “cultura alpina”, concetto del tutto astratto e in continua evoluzione, risente del perdurante stereotipo urbano che vuole la montagna divisa tra nostalgie romantiche del passato (la montagna-museo) e tentazioni colonialistiche (la montagna-appendice della città). Si registra una preoccupante “mancanza di presente”, nel senso che il ruolo della montagna viene continuamente declinato all’indietro, senza considerare le nuove opportunità, economiche e culturali, che la montagna può e deve offrire alla città, non come galleria del passato ma come laboratorio del futuro. Un passaggio culturale fondamentale, che riguarda in particolare le conoscenze e i saperi ambientali rivolti a un mondo fragile e difficile, ma proprio per questo ricco di caratteri di novità e avanguardia: le risorse energetiche rinnovabili, l’urgenza di inventare nuove forme di comunità, l’esigenza di progettare un’architettura durevole e in sintonia con il territorio, la possibilità di sperimentare nuovi stili di vita. In due parole, la montagna può essere il luogo della “città sostenibile”».
Enrico Camanni