Marcella Morandini, Sergio Reolon, Alpi regione d’Europa. Da area geografica a sistema politico, Marsilio, Venezia 2010. 110 pagine, 14 euro.
Da una parte, «pochi amministratori – scrive Salsa – posseggono e padroneggiano gli strumenti per riflettere e programmare l’auspicata rinascita della montagna», dall’altra «il mondo politico italiano è da sempre ancorato ai logori stereotipi della montagna marginale» e «le indagini accademiche per i soli addetti ai lavori» non possono più bastare.
Le Alpi, le montagne più montagne d’Europa, sono definite dagli autori come «punto di osservazione privilegiato e laboratorio d’avanguardia per sperimentare politiche a livello di regione territoriale e intensificare la cooperazione transnazionale». Lo sguardo al futuro impone di recuperare non solo la memoria, ma anche l’esperienza politica di una gestione consapevole delle risorse: forme di autogoverno, modalità di proprietà collettiva, autogestione per l’organizzazione economica e sociale del territorio. I toni sono cambiati rispetto a quelli usati negli anni Settanta, ma il tema della colonizzazione/decolonizzazione delle Alpi riemerge a difesa del riconoscimento della regione alpina come centro d’Europa, propulsore di innovazione, entità autonoma dotata di coesione sociale, economica anche se non ancora politica.
Morandini e Reolon parlano di “approccio alpino” alla gestione e al governo delle Alpi che prevede, intanto, di superare le rappresentazioni, che si tramutano in leggi, che le vedono come luoghi intrinsecamente svantaggiati e marginali. Questa visione è legata ad una conoscenza ridotta e parziale della storia alpina, di una storia recente legata alla frantumazione delle Alpi nei diversi stati-nazione, una forzatura che ha rotto le reti orizzontali, ha costruito confini, nuovi centri e nuove periferie e dato preminenza alle reti verticali con al centro le città di pianura.
Sono dunque non solo necessarie, ma sempre più urgenti, misure specifiche, anche di tipo fiscale e ridistributivo, che tengano conto della specificità dei territori alti. Morandini e Reolon propongono, oltre all’istituzione di Province speciali montane, sull’esempio virtuoso di governance delle Province Autonome di Trento e Bolzano, di agire rinforzando i sistemi socio-economici regionali e l’economia locale all’interno di un modello di sviluppo coerente e lungimirante, ripristinando le reti orizzontali lacerate dal centralismo regionale e nazionale, promuovendo la cooperazione transfrontaliera e la costruzione politica di una macroregione alpina che sappia autogovernarsi.
Uno strumento giuridico importante, che potrebbe incidere sul futuro della regione alpina è la Convenzione delle Alpi. Sottovalutati e sottoutilizzati, la Convenzione e i suoi protocolli potrebbero già essere messi in atto all’interno di un progetto politico, se solo ci fosse una reale volontà in tal senso.
La montagna che frana a valle è l’immagine proposta dagli autori per descrivere non solo lo spopolamento, ma anche le drammatiche conseguenze della mancata cura delle terre alte, i cui effetti pesano a monte come a valle: scongiurare la frana, reale e metaforica è, dunque, un investimento per tutti. Proprio gli scenari aperti dalla contemporaneità, che rimodellano i confini del locale e del globale, potrebbero costituire una condizione favorevole a un “rinascimento alpino” nel quale l’auspicata autonomia sarebbe fondata sul senso di responsabilità e sul buon governo del bene comune.
Valentina Porcellana